Africa: le prime risposte salesiane al covid-19

I Figli di Don Bosco in Africa hanno iniziato ad attivarsi per sostenere la popolazione durante quella che si prospetta come un’emergenza sanitaria di portata catastrofica, in un continente in cui l’assistenza medica è gestita da privati o da missionari e organizzazioni umanitarie. Ma non dimenticano di pregare per l’Europa e per tutti noi.

 

Padre Jorge Crisafulli, Sierra Leone

Al momento non ci sono casi segnalati di covid-19, ma non sono stati fatti test, per cui il dato è poco attendibile. Questo è un Paese in cui ci sono sempre stati decessi per tubercolosi, AIDS, malaria, malattie dell’apparato respiratorio… ci stiamo preparando ai peggiori scenari. Qui al Fambul abbiamo organizzato una campagna per promuovere le misure di prevenzione al virus, che stiamo veicolando per la città, rivolgendoci soprattutto ai ragazzi di strada, attraverso l’autobus Don Bosco, la nostra unità mobile. Nel caso scoppiasse un’epidemia, ci metteremmo tutti in quarantena nel Bosco Fambul e accoglieremmo, oltre ai minori che già ci vivono, anche 400 bambini di strada in più, che sistemeremmo nelle aule scolastiche che in questo periodo non verrebbero usate. Stiamo organizzando tutto seguendo 2 esigenze molto chiare: avremo bisogno di cibo durante l’emergenza, e avremo bisogno di cibo, dopo l’emergenza, perché ci sarà una grave crisi sociale. Abbiamo, e avremo, un grande bisogno di alcol e disinfettanti, per gli ambienti e per le mani. Ci stiamo quindi muovendo in due direzioni: alimentare e sanitaria. Ci aspettiamo un’emergenza terribile e ci stiamo attrezzando al meglio, compatibilmente con i limiti di questo Paese così povero.

Sony Pottyplackal, Liberia

In Liberia abbiamo 3 casi positivi di covid 19 e più di 200 persone in quarantena. La maggior parte di loro  sono persone che viaggiano per lavoro – dei 3 contagiati, uno è un dipendente del governo tornato dalla Svizzera, il secondo è un suo domestico, mentre il terzo è una donna che non ha mai lasciato il Paese e che prima di scoprire di essere infetta è stata in due centri sanitari diversi e ha avuto molti contatti – questo caso desta grandissima preoccupazione.
Il governo ha poi dichiarato un’emergenza sanitaria che impone molte restrizioni. Tutte le strutture pubbliche sono chiuse (scuole, chiese, spiagge…) e le riunioni di più di 10 persone sono vietate. Negozi e centri sanitari sono ancora aperti.
Noi salesiani al momento ci siamo presi l’impegno di incoraggiare le persone a seguire le indicazioni del governo e degli operatori sanitari attraverso piccole campagne di informazione.
Preghiamo molto, preghiamo di non avere un’altra grave emergenza sanitaria perché il ricordo dell’ebola è ancora troppo vivo.

Padre Mario Perez, Repubblica Democratica del Congo

Nella capitale si parla già di vittime e contagi, ma chissà… Gli stranieri, soprattutto bianchi, cercano di non andare troppo in giro per paura di essere aggrediti perché ritenuti responsabili del contagio. Qui abbiamo creato un team composto dai ragazzini più grandi, che si sono presi il compito di disinfettare più volte al giorno gli spazi comuni. Loro hanno anche il ruolo di sensibilizzare le persone sulle pratiche igieniche più elementari, come il lavaggio delle mani, che qui non è cosa scontata, ed è anche difficile perché non c’è acqua. Proprio per questo abbiamo installato diverse fontanelle che attingono al nostro sistema idrico: per permettere a più persone di avere a disposizione un po’ d’acqua per lavarsi le mani per prevenire corona virus e colera – la cosa che più mi spaventa e che i pochi centri sanitari sono già al collasso per l’epidemia di colera in atto.

Carlos Berro, Senegal

Qui c’è molta paura e vengono prese molte precauzioni. I contagiati aumentano di giorno in giorno, purtroppo. Il governo ha predisposto una serie di misure, come il coprifuoco dalle 8 di sera alle 6 del mattino, qualche aiuto finanziario e la chiusura di scuole, chiese, moschee… Sono regole contraddittorie: l’altro giorno gli edifici pubblici erano chiusi, ma i servizi di trasporto erano in funzione e i mercati funzionavano a pieno regime. Se non moriremo tutti sarà grazie a Dio misericordioso.
In ogni caso continuiamo a stare accanto i giovani attraverso il sostegno allo studio e alla video-catechesi, che abbiamo adottato da poco! E, in più, proseguiamo con gli aiuti alimentari alle famiglie.

Hernan Cordero, Benin

Fino a pochi giorni fa, pochissime informazioni da parte del governo, ma la società civile ha lentamente messo sotto pressione le istituzioni. La Conferenza episcopale è andata avanti sospendendo il culto nelle Chiese, e questo ha costretto lo Stato estendere la misura anche alle moschee e a tutti i luoghi di culto. Frontiere e traffico aereo sono stati chiusi. C’è inoltre un corridoio sanitario che delimita l’area del Paese più a rischio, quella meridionale, con Cotonou, Porto Novo, Abomey.
Qui in Benin la gente vive per strada, il confinamento è praticamente impossibile, inoltre l’assistenza sanitaria nazionale non esiste, sapremo se il virus si è diffuso quando la gente inizierà a morire.
In comunità abbiamo iniziato a comprare il cibo che si conserva a lungo, come per esempio il riso, in quantità maggiori, così saremo pronti ad aiutare i nostri parrocchiani, che sono tantissimi, in caso di crisi. Sto anche risparmiando denaro, in moneta, da usare se le banche chiudessero – ipotesi che, personalmente, ritengo probabile.

Maximo David Herrera, Angola

Il corona virus è arrivato anche qui in Angola, dal Portogallo. Il governo ha subito imposto delle misure restrittive, come la chiusura delle frontiere, la sospensione delle attività didattiche, l’obbligo delle distanze anti-contagio… Ma purtroppo è poco, considerando che qui il problema principale sono la carenza di acqua e la sporcizia, perché c’è immondizia ovunque.
Chiusi l’aspirantato e il post-noviziato, la nostra preoccupazione più grande è per i ragazzi di strada: abbiamo già fatto 2 riunioni per capire come organizzare al meglio il nostro intervento in caso di emergenza, predisponendo la logistica per l’approvvigionamento alimentare e di prodotti per l’igiene. La Provincia di Luanda ci ha chiesto di aprire un centro per offrire rifugio a 100 ragazzi e bambini di strada e siamo già al lavoro per attrezzare la struttura.
Il problema è che l’Angola dipende dalle importazioni e la speculazione su guanti, mascherine, disinfettanti (gel igienizzante per le mani non ce n’è) è già iniziata.

Benson Savio, Ghana

Noi abbiamo iniziato a puntare da subito su sensibilizzazione e prevenzione, lavorando sulla diffusione dell’importanza delle norme igieniche. Qui in Africa è importante rispettarle ancora più che altrove.

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