Il racconto dei benefattori in India, testimoni del sogno che continua

“Un’esperienza bellissima che consigliamo a tutti gli amici di Missioni Don Bosco”. Inizia così la lettera che Francesca e Luca, due benefattori, ci hanno scritto dopo il loro viaggio missionario in India, nell’ispettoria di san Giuseppe a Hyderabad, guidato dal presidente di Missioni Don Bosco, Giampietro Pettenon.

Con loro un’altra coppia di benefattori, Margherita e Piero, e due collaboratrici, Monica e Enza. Anche il loro commento è incoraggiante: “Quello che ci siamo portati a casa sono i visi sorridenti dei ragazzi che non troviamo più nei nostri luoghi, e la generosità dei Salesiani nel portare avanti l’opera di Don Bosco”.

Non è consueto che persone che contribuiscono alla presenza salesiana nelle aree più povere nei Paesi lontani possano guardare con i loro occhi i progetti realizzati e condividere con i protagonisti stessi il “sogno” che li ispira. Pettenon ha costruito nel tempo le condizioni perché queste visite diventassero possibili, per far sì che alcuni amici più vicini a Missioni Don Bosco diventino “testimoni” delle opere rese possibili dalla loro generosità.

“In un incontro a Valdocco, Giampietro ci aveva prospettato una visita in India alle missioni gestite dai salesiani” racconta Piero. “Al momento non ero molto entusiasta, anche perché per esigenze di lavoro io e, alcune volte, mia moglie avevamo già viaggiato in quella regione visitando diverse città. L’invito però ci incuriosiva, fino al punto che abbiamo accettato”.

Già conoscitore dell’India e dell’intraprendenza in quel contesto, non è mancata al Piero di meravigliarsi per il programma della visita e per le realtà che ha incontrate. La sua cronaca di viaggio, essenziale ma puntigliosa, rende bene le impressioni che lui e gli altri sei componenti del gruppo, “una bella squadra affiatata” come la descrive.

Una settimana intessuta di incontri festosi

“Arrivati a Hyderabad, all’aeroporto ci aspettavano due automobili della missione per portarci a destinazione. L’incontro con Padre Thathi è stato cordiale; pieno di premure, ci ha fatti sentire a casa nostra”. Dopo la prima notte di riposo nelle camerette della missione, il salesiano ha   illustrato il piano della settimana: “un programma veramente interessante e curioso” dice il signor Piero, che di salesiani è esperto essendo stato (come sua moglie Margherita) allievo delle loro scuole in Italia.

“Il primo giorno siamo stati a Hyderabad” continua “per visitare un centro di formazione. Ci siamo resi conto della serietà del lavoro per educare i ragazzi alla vita insegnando loro un mestiere per affrontare il futuro.

Il secondo giorno siamo volati a Vizac (città che già conoscevo) e anche in questa località abbiamo potuto constatare che il lavoro dei Salesiani è un’opera grandiosa. L’accoglienza riservataci era strepitosa: non immaginavo di poter essere accolto con corone di fiori attorno al collo, con canti, balli e saluti di benvenuto così calorosi”.

Anche Francesca e Luca sottolineano questo atteggiamento: “Abbiamo apprezzato la gentilezza delle persone e la loro straordinaria accoglienza. Noi, in fondo, eravamo per loro solo degli stranieri sconosciuti che incrociavano le loro vite per alcune ore. Eppure ci hanno trattato con una gentilezza tale da farci sentire imbarazzati da tanta ospitalità. I loro occhi e i loro sorrisi sono indimenticabili e ci hanno fatto dare oggi un valore diverso a tutte le cose, da quando siamo rientrati in Italia”.

Riprendiamo la cronaca, sempre con le parole di Piero: “Il terzo giorno abbiamo visitato l’istituto tecnico di Guntur dove preparano i ragazzi a professioni tecniche quali elettrotecnica, meccanica, motoristica. Anche in questo luogo l’accoglienza è stata fantastica.

Il quarto giorno a Wyra, abbiamo visitato una missione dove stanno costruendo un campo da basketball per poter dare modo ai ragazzi di praticare questo sport. Inoltre abbiamo assistito all’inaugurazione di un sistema di purificazione dell’acqua per renderla utilizzabile”.

La povertà in un Paese in forte espansione

I salesiani sono a servizio dei giovani sia quando questi manifestano l’impegno a studiare e ad apprendere il lavoro, sia quando quella volontà è da costruire praticamente da zero e le condizioni ambientali sono sfavorevoli ad avviarsi verso qualsiasi progetto formativo. Padre Thati ha quindi accompagnato il gruppo in una missione “dove i salesiani condividono con i ragazzi di strada un capanno in lamiere ondulate” testimonia Piero. “Qua si cerca di educare i ragazzi insegnando loro a leggere e a scrivere, e nel contempo si dà un pasto che non ricevono in famiglia in quanto genitori e fratelli maggiori sono presi da lavori che assicurano la pura sopravvivenza”. L’osservazione che ne trae è che “questi ragazzi sempre gioiosi e sorridenti. Anche nella loro povertà insegnano a noi che siamo nell’abbondanza ad apprezzare più la bellezza della vita”. E rimarcano, Francesca e Luca: “È incredibile come lo sforzo di poche persone consenta di realizzare progetti straordinari, creando un futuro per molti ragazzi. Visitando i loro centri di formazione e aiuto, abbiamo riscontrato la capacità dei ragazzi e delle loro famiglie di riconoscere il valore dell’educazione scolastica e della formazione professionale che in India (come probabilmente anche in altri paesi) fa la differenza tra chi potrà avere un’opportunità dalla vita e chi non riuscirà ad averla”.

La visita si è conclusa con l’irrinunciabile passeggiata turistica. Raccontano ancora Margherita e Piero: “L’ultimo giorno a Hyderabad abbiamo visitato una moschea e visitato un mercatino di prodotti locali”. Ma la testa è rimasta sui progetti: “Siamo ritornati alla casa Salesiana dove si è fatta una riunione per prospettare i futuri interventi per sviluppare e migliorare le strutture esistenti: in certi casi queste non sono più sicure, vista l’età di costruzione” osservano.

Benefattori che hanno visto la destinazione degli aiuti che loro, insieme con migliaia di altre persone, hanno affidato ai salesiani. “Avere vissuto da vicino la realtà quotidiana dei missionari ci ha consentito di condividere per una settimana la loro vita di tutti i giorni, il loro impegno e la loro organizzazione”. 

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