Ciclone in Africa Occidentale: l’intervento delle FMA in Mozambico

I cambiamenti climatici sono alla radice di fenomeni atmosferici di entità maggiore che in passato. Siccità o eccesso di piogge determinano una nuova tipicità di zone interne e di zone costiere.

Si spiega così il fenomeno straordinario del ciclone che si è abbattuto fra Mozambico, Malawi e Zimbabwe lo scorso mese di marzo.

Comprendere la matrice di questa catastrofe, che ha provocato almeno 1.000 vittime accertate (ma si teme che il conteggio porterà a numeri molto più alti), ha tolto la casa ad almeno 400.000 persone e coinvolto nel disagio quasi 2 milioni di abitanti della regione, se non aiuta a contrastarne nel breve il ripetersi, ci permette di comprendere la nuova emergenza che interessa da vicino anche le missioni. Per due ragioni: il crescere della necessità di interventi “emergenziali” che sottraggono risorse, purtroppo, alla lenta costruzione di uno sviluppo; l’urgenza di pensare ad azioni di prevenzione per le quali la sensibilità dei benefattori potrebbe non essere pronta. E sullo sfondo, la necessità di cambiare il passo per non trovarsi tutti sconvolti dalle conseguenze del nostro massacro della Terra.

Vediamo più da vicino quello che ad esempio sta accadendo in Mozambico. Suor Lucília Teixeira delle Figlie di Maria Ausiliatrice si è trovata nella missione di Moatize, nella quale è arrivata poco più di un mese fa, quando è avvenuta l’esondazione del fiume Rovuwbué. La cittadina si trova, vicino a Tete, nel centro del Mozambico, meno colpita rispetto alle provincie di Sofala e di Manica. Tuttavia anche lì, scrive suo Lucilia, ha lasciato molte famiglie senza nulla e abbastanza morti. Il problema di avere un quadro della situazione è drammatico dove già ordinariamente la comunicazione è difficile e un evento come il ciclone rende impossibili anche i soccorsi. Trovarsi in un territorio marginale non consente di entrare nel fuoco dell’attenzione mediatica, che di suo già va a spegnersi dopo pochi giorni di emozione. Suor Lucilia sta già lavorando per il dopo emergenza: “Noi Figlie di Maria Ausiliatrice stiamo raccogliendo aiuti per comperare materiale di costruzione e intervenire quando le famiglie avranno i posti da vivere”. Per il momento, i soccorritori stanno adempiendo al loco compito: “Le famiglie si trovano concentrate in campi di raccolta – spiega suor Lucilia –  aspettando il posto dove potranno abitare. Ricevono un po’ di cibo e prodotti di igiene. É il minimo per sopravvivere, e il governo cerca di risolvere questa parte.

Le Figlie di Maria Ausiliatrice sono in Mozambico da oltre sessant’anni (nel 2018 hanno raggiunto il traguardo di 66) e hanno un dialogo consolidato con la popolazione. La stessa suor Lucilia, portoghese, nella località di Inharrime e ha creato quella che alcuni osservatori chiamano “un super missione”. Il fulcro dell’intervento delle suore sono i bambini che hanno bisogno: sono tanti, comprende un aiuto alimentare che raggiunge anche i villaggi limitrofi. I container che hanno portato gli aiuti sono diventati sedi di laboratori e, con la cura femminile, da fuori sembrano delle casette.

È questa esperienza che rende possibile la speranza di una ripresa reale e accelerata anche dopo la pesante emergenza. Proprio la conoscenza della cultura locale ispirerà il modo di intervenire delle FMA. “Il nostro sarà un aiuto di famiglia in famiglia, senza tanto rumore, perché vogliamo arrivare ai più bisognosi”, lavorando senza clamori altrimenti verrebbero a chiedere anche quelle che non hanno bisogno delle suore. “Offriremo stoffa per diversi usi e materiale di cucina, ma dovremo attendere che abbiano nuove case”.

Il ciclone che ha spazzato quella parte d’Africa australe fra il 4 e il 16 marzo è stato un saluto violento alla nuova destinazione di suor Lucilia, appena arrivata da Inharrime. Ma in certo senso è stato provvidenziale che non si sia scatenato durante il suo viaggio, consentendole di arrivare giusto in tempo perché aggiungesse a dar manforte alle consorelle di Moatize. Ci racconterà più avanti cosa saranno riuscite a realizzare, per adesso ci saluta con una frase che dice quanto sia esigente il soccorso: “Chiedo scusa, ma per ora è quanto posso dirvi”.  E noi la lasciamo lavorare pronti a non farle mancare il nostro aiuto.

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