Exodus: arti visiva e musicale unite per tornare a essere più umani

Una meditazione musicale per comprendere – attraverso un’altra via dell’arte – la potenza delle immagini di Safet Zec poste sui teleri esposti nella Basilica di Maria Ausiliatrice per la mostra Exodus.

È stata questa la proposta che il rettore della Basilica, don Guido Errico, ha voluto offrire con i suoi confratelli per sottolineare – a metà percorso espositivo, il 6 dicembre 2019 – la densità dei telerei che l’artista bosniaco ha dipinto a partire dalla sua esperienza di profugo dal suo Paese colpito dalla guerra fratricida nella ex Yugoslavia.

Il programma dell’evento, davvero unico, è stato elaborato dal maestro Maurizio Palazzo, salesiano maestro di cappella della Basilica, il quale è anche autore dell’opera la sonata dedicata a Aylan Kurdy, il bimbo siriano trovato cadavere sulle coste turche a inizio settembre 2015, eseguita in prima assoluta nell’occasione.

 

Con lui altri due artisti ragguardevoli: il trombettista Roberto Ferioli, che ha eseguito più di un concerto in duo con lo stesso Maurizio Palazzo,

 

e il solista di tuba Gianmario Strappati, giovanissimo esecutore di Ancona che sta conquistando le platee più raffinate d’Europa.

 

Questi è “ambasciatore di Missioni Don Bosco per la musica nel mondo”, incarico che sta svolgendo con costanza e grande rispetto per il Santo che ammira in modo straordinario insieme con la sua famiglia.

La basilica si è riempita in via straordinaria la sera di un venerdì, giorno della passione di Cristo, per ricordare quella che costituisce l’esperienza dei milioni di migranti forzati nel nostro tempo. Analizzando e illustrando ai presenti le opere di Zec, il teologo don Cristian Besso ha rimarcato che proprio come attraverso la passione Cristo è potuto entrare in una vita nuova, così anche le donne e gli uomini, i bambini che si affidano alle braccia insicure di una barca o che attraversano a piedi nudi deserti e foreste, che scavalcano le montagne anche nella stagione più fredda, si avviano verso una speranza che a volte trova un approdo, altre volte drammaticamente si affida alla Pietà divina per trovare altrove da questa Terra la sua realizzazione.

Sono segni di questa speranza i vestimenti tutti immancabilmente bianchi dei protagonisti dei teleri di Safet Zec: luce e dignità che la sensibilità artistica e umana assegna come esito ultimo anche delle tragedie più assurde e dell’indifferenza più colpevole. Così come la linea rossa che viene tracciata con misura a sottolineare momenti delle rappresentazioni di un bambino accolto dalle braccia forti di un uomo, delle donne che mostrano le ultime lacrime che sono loro possibili con lo sguardo rivolto alla tragedia o a una piccola vita da proteggere, è un motivo di speranza evangelica per chi voglia andare al di là dell’intenzione del segno. È sangue sparso, striscia di un dolore della carne oltre che dello spirito, ma, ha commentato don Besso, anche il segno della partecipazione al sacrifico di Cristo, dunque un annuncio della resurrezione. L’artista bosniaco non è di fede cristiana ma nei suoi dipinti esposti c’è in nuce la prefigurazione di un riscatto profondo e definitivo delle vittime sacrificali della tragedia epocale da noi contemporanea.

Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco, aveva aperto la serata spiegando la stretta relazione fra l’azione preventiva che i salesiani compiono ordinariamente e oggi in maniera rafforzata tra i giovani dell’Africa sub sahariana: per dare loro consapevolezza dei grandi rischi che corrono avventurandosi in maniera illegale nel sogno di giungere in Europa e per costruire con loro, attraverso la formazione, opportunità di lavoro nei loro Paesi. E’ questo l’obiettivo della campagna Stop Tratta che l’onlus salesiana realizza con l’ong VIS dal 2015 ininterrottamente.

La meditazione musicale diretta da don Palazzo è stata capace di unire i timbri profondi dell’organo con quelli squillanti della tromba, ma anche di unirsi alla tipicità dei suoni della tuba, strumento inusuale nelle chiese e inusuale anche come voce solista in un concerto. La capacità interpretativa dei tre artisti ha accompagnato la mente e il cuore dei presenti a riguardare le immagini della mostra, riprodotte su uno schermo di fronte all’altare, consentendo in tal modo quasi di attraversale. Passare attraverso la sofferenza per redimerle è l’azione di Cristo. La conclusione del rettore don Errico, con la “buonanotte” di tradizione salesiana, è stata incentrata su queste considerazioni che impegnano particolarmente il mondo degli adulti a riprendere le sue responsabilità educative. Vecchi e nuovi gesti sono esigiti da chi vuole essere a fianco dei giovani, per risollevarli come un soccorritore a volte deve fare con chi è senza forze fisica a senza energie morali, per abbracciarli e far sentire la presenza più che vicina dei un Amore che accoglie e invita alla vita sotto il segno della gioia.

Nella logica che l’attenzione a un fratello che attraversa un suo proprio “esodo” anche in questo caso il fatto di rivolgersi con empatia verso i nostri fratelli vittime della tratta, della povertà radicale dei loro Paesi, ulteriormente resi vittime dell’indifferenza e dell’odio, ci restituisce la nostra dimensione più umana: è dunque terapia per le nostre stesse vite disperse in un “esodo” nella miseria dei nostri egoismi.

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