Ghana: la tratta dei minori

In Ghana, come in molti paesi africani, il traffico di bambini è una realtà diffusa. Qui, i primi Figli di Don Bosco arrivarono nel 1992. Fondarono una missione a Sunyani, e si misero subito al lavoro per tutelare i bambini e i ragazzi più vulnerabili e i minori vittime della tratta.
Le famiglie nei villaggi più poveri e isolati, i più colpiti da fenomeni come la desertificazione e i cambiamenti climatici, dove l’economia di sussistenza non basta più, scelgono di affidare i loro figli a persone che promettono di occuparsene. Da quel momento in poi, di tanti bambini si perdono le tracce. Alcuni, i più fortunati, finiscono nelle maglie del child labour, il lavoro minorile.
Qui in Ghana, capita di vedere bambini di 6 o 7 anni che trasportano grossi pesi sulla testa nei pressi di una fattoria, ragazzini chini sulle spiagge intenti a districare reti ingarbugliate o a trasportare ceste nei pressi dei mercati. Ma ci sono minori con un destino ancora peggiore: le ragazzine. Documenti falsi alla mano, grazie all’aiuto di agenzie conniventi con gruppi criminali organizzati, partono alla volta dei Paesi del Golfo dove vengono sfruttati in lavori umili, spesso subendo abusi sessuali. Per rispondere al bisogno di offrire accoglienza alle bambine e ai bambini intercettati dalla polizia e sottratti al traffico e allo sfruttamento, i Salesiani hanno aperto ad Ashaiman un centro (CPC – Child Protection Centre) nel 2014. Qui vengono accolti minori tra i 6 e i 17 anni ai quali viene data la possibilità di seguire un percorso di riabilitazione e quando possibile il reinserimento familiare.
Il CPC salesiano è al tempo stesso rifugio, famiglia, scuola.
Questa – assicura padre Peter che di ex schiavi bambini ne ha visti passare diversi al CPC di Aishaman – è la loro “life changing experience”.

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