Il Green Club dei salesiani per affrontare la crisi rurale

I salesiani dell’ispettoria dell’Africa Centrale sono impegnati su progetti innovativi sul duplice fronte della difesa dell’ambiente e dell’utilizzo delle nuove tecnologie.

Le situazioni in cui lo sviluppo economico entra in conflitto con il primo termine, l’ambiente, o si fonda sull’uso maldestro del secondo, la tecnologia, sono innumerevoli, sia nei Paesi più industrializzati sia in quelli che pianificano il loro sviluppo. Ci sono tuttavia modelli virtuosi di utilizzo delle più moderne conoscenze scientifiche per compiere un deciso balzo verso un futuro sostenibile, e uno è proprio quello di cui recentemente Hubert Twagirayezu ci ha inviato informazioni. Iniziamo questo giro d’orizzonte da un’esperienza salesiana in Ruanda.

La bellezza dei paesaggi e le minacce create dall’uomo

C’è un piano di difesa ambientale che riguarda un lago importante, il Muhazi, del Ruanda, Paese amabile dal punto di vista paesaggistico, purtroppo percorso in passato dalla tragedia dei conflitti sanguinosi fra etnie diverse.

Le colline verdeggianti e le capacità produttive dell’agricoltura, unite a una pulizia nei luoghi pubblici che fa dire a molti di trovarsi in una “Svizzera africana”, costituiscono un’attrattiva turistica oltre che un’assicurazione di autosufficienza alimentare.

Ma anche nel cuore dall’Africa l’equilibrio ambientale è a rischio. La presenza umana, tradizionalmente in rapporto fecondo con la natura, in questi tempi sta praticando uno sfruttamento pesante. I cambiamenti climatici si avvertono con evidenza e causano spostamenti di massa della popolazione.

Il lago Muhazi è un termometro significativo per una vasta area del Ruanda. Stretto e lungo, è una risorsa per agricoltura, pesca, alimentazione umana. Pierre Uwizeyimana, responsabile dell’alimentazione del bestiame presso il Centro Don Bosco Muhazi, racconta che “ci sono anni in cui ci aspettiamo che la pioggia cada fra febbraio e marzo e invece non succede, ed è così che iniziamo a sperimentare le conseguenze dei cicli stagionali modificati. L’erba si secca e non siamo in grado di nutrire il bestiame; le persone piantano i raccolti e lo trovano secco, il che porta al declino dei raccolti. Quando parliamo di cambiamento climatico, noi come responsabili dell’alimentazione del bestiame lo capiamo molto bene”.

Lo sfruttamento intensivo della terra e gli interventi di rigenerazione

La crescita della popolazione continua ad essere una delle cause principali del danno ambientale, come spiega Deogratias Kabukuru, agricoltore di Gikomero nel distretto di Gasabo in provincia di Kigali che si affaccia sul lago Muhazi: “Un genitore possedeva un ettaro di terra e mediamente aveva quattro figli. Ora questi sono cresciuti con la necessità di dividere la terra. Poiché la terra disponibile non è sufficiente per l’agricoltura, le persone iniziano a usarla in modo eccessivo. Un tempo usavamo la nostra terra in modo da favorire il sistema di rotazione delle colture. Ora non è possibile a causa del fatto che la piccola porzione che abbiamo non può essere lasciata improduttiva per un anno. Coltiviamo sempre la stessa terra senza sosta, e questo porta alla perdita di fertilità del suolo che diminuisce i raccolti”.

Presso il Centro di Formazione Professionale e Tecnica Don Bosco Muhazi, la sensibilità alle questioni ambientali ha portato a costituire un “Green Club” che ha funzioni di sensibilizzazione e di azione per la difesa e il potenziamento del territorio. Jean Cluade Ndahayo, responsabile dell’associazione, spiega: “Stiamo svolgendo una serie di attività tra cui proteggere gli alberi nel centro, piantare nuovi alberi, rimuovere i rifiuti che possono danneggiare il lago Muhazi. Inoltre c’è un piano per avviare un vivaio di alberi da cui possiamo ottenere alberi e distribuirli alle comunità locali sulla collina di Gikomero. Ovviamente gli alberi da frutto sono i più favorevoli qui e in tal caso possiamo combattere la fame e la malnutrizione tra le persone qui”.

Ripristinare il circolo virtuoso della tradizione agricola

Musabyimana Chantalè membro del “Green Club” di Don Bosco Muhazi spiega: “Vedo che il raccolto è diminuito rispetto al passato, quando le nostre famiglie ricevevano facilmente fertilizzanti organici. Per fertilizzare la terra era sufficiente il letame proveniente dagli allevatori”, ma ora questi vedono la loro produzione limitata dai cambiamenti del clima”. La risposta non può essere data dai concimi industriali: “I ruandesi coltivavano colture benefiche per altri organismi, ma a causa della tossicità del suolo o delle sostanze chimiche utilizzate, ci sono altri organismi che muoiono per gli effetti delle sostanze chimiche utilizzate nell’agricoltura moderna”.

È quanto accade ad esempio per le api. Deogratias Kabukuru ricorda che fino a pochi decenni addietro “in molti luoghi del Ruanda si coltivavano piantagioni di caffè, e in queste piantagioni le api venivano a trovare il miele dai fiori di caffè. Ma a causa dell’uso di pesticidi spruzzati sulle piante di caffè per combattere le malattie, le api muoiono all’istante perché il luogo in cui hanno estratto il miele non è naturale”.

“Prima di tutto, le persone hanno bisogno di essere istruite su come usare la terra con saggezza e di essere guidate su come conservarla” conclude Pierre Uwizeyimana del Centro Don Bosco.

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