Il Rettor Maggiore in Venezuela: educare anche nelle difficoltà

La visita del Rettor Maggiore dei salesiani in uno dei 134 Paesi in cui la congregazione ha messo radici assume un valore particolare non solo per gli incontri e per i discorsi fatti ma anche per la collocazione temporale.

Non è sfuggito dunque agli osservatori, del mondo religioso ma anche di quello laico, la circostanza che don Ángel Fernández Artime abbia concluso il suo sessennio di massima responsabilità nella famiglia salesiana con la visita ai confratelli del Venezuela. In un lungo “fine settimana” a cavallo di domenica 9 febbraio, il Rettor Maggiore ha voluto così rimarcare quanto la condizione del Paese sudamericano e l’attività che vi svolgono siano care a Don Bosco e ai suoi Figli.

Una fonte autorevole (Amnesty International) parla esplicitamente delle “notti di terrore” che segnano la vita nella capitale e nelle altre città: le forze di sicurezza statali e i gruppi armati civili intimidiscono la gente perché non partecipi a manifestazioni; spesso ciò avviene anche con irruzioni notturne nelle case. Il rapporto fra governo e cittadini, fra vita ordinaria e istituzioni si è profondamente fratturato a Caracas, come denunciano molti Stati nel mondo a incominciare da quelli dello stesso Sudamerica.

La visita del Rettor Maggiore non ha voluto (né poteva) rivestire tuttavia un carattere politico: è stata un incontro con i confratelli che vivono con grande preoccupazione l’evoluzione dei fatti. E con essi don Ángel ha ridefinito le linee generali della presenza salesiana, che sono quelle di “continuare a creare la cultura della vita, di impegnarsi per l’educazione dei giovani”.

I salesiani infatti continuano a tener fede all’impegno delle opere aperte fra la gente nelle parrocchie degli oratori, fra i ragazzi nelle scuole e nei centri di formazione professionale, nelle città come nelle campagne, all’insegna del motto “Don Bosco in Venezuela” scelto per segnare questa importante visita. Per questo, a dispetto di un temibile clima sociale, si sono svolti grandi incontri e feste giovanili. Caracas è tornata a essere per qualche momento la città della primavera.

La visita ha rivitalizzato i salesiani e tutta la Famiglia Salesiana, rileva l’agenzia ANS: “soprattutto, ha dato respiro ai giovani regalando loro un sorriso, una parola e una forza che nascono da Gesù”. Il Rettor Maggiore ha avuto un incontro con educatori e giovani, ha visitato le Figlie di Maria Ausiliatrice e dialogato con le Damas Salesianas, gruppo della Famiglia Salesiana nato proprio in Venezuela.

L’incontro con i giovani venezuelani si è svolto in un clima di vivace celebrazione oratoriana, preceduto da una veglia di preghiera e fraternità presso il Centro Giovanile Don Bosco dell’area di “Boleíta”. Successivamente, parlando a circa 500 educatori, ha aggiunto: “So cosa sta succedendo in Venezuela e ora sono in mezzo a voi per incoraggiarvi. Quello che vi chiedo è di aprire le porte di tutte le case salesiane per affrontare i sistemi di morte che vogliono imporsi e che causano la spaventosa migrazione di tanti validi professionisti”.

Proprio la migrazione dal Venezuela verso altri Stati è il fenomeno che preoccupa sia per il dramma che oggi vivono le famiglie sia per la necessità di non svuotare il Paese delle sue risorse umane. Sul tema il Rettor Maggiore ha messo in evidenza la sofferenza vissuta da un cuore salesiano di fronte a tanti giovani che in tutto il mondo devono lasciare la loro terra, senza identità e senza storia, molte volte da soli: “La mobilità umana in queste condizioni è un attentato alla vita, non è umana” ha dichiarato; ”c’è un tessuto sociale umano che si sta indebolendo o che si sta perdendo, che ha bisogno di persone con una grande esperienza di Dio e di testimoni dei valori cristiani”.

Per incoraggiare i Venezuelani, don Artime ha invitato infine a vedere la testimonianza dei salesiani e dei giovani siriani che, in una città distrutta per sei anni dai bombardamenti, hanno deciso di costruire una cultura di vita aprendo ogni giorno l’oratorio salesiano. “Don Bosco era un santo nella sua realtà e oggi ci offre una scuola di santità che comporta l’avere Dio nel cuore” ha commentato.

L’incoraggiamento si è trasformato in liturgia per l’insediamento del nuovo ispettore del Venezuela, don Rafael Bernardo Montenegro Latouche. Nel Tempio Nazionale Don Bosco di Caracas, il X Successore di Don Bosco ha infatti presieduto l’Eucaristia alla presenza del precedente ispettore, don Francisco Méndez, e di mons. José Ángel Divassón, Vicario Apostolico Emerito di Puerto Ayacucho. Don Ángel Fernández Artime ha ringraziato nell’omelia don Méndez e incoraggiato don Montenegro: “Caro don Rafael, il tuo ministero di Ispettore significa servizio. I confratelli ti chiedono di essere un padre e un fratello vicino a loro”.

Il messaggio di resistenza e di proposta si sintetizza nelle parole espresse dal Rettor Maggiore: “La nostra educazione salesiana offre valori e si basa sul Vangelo e sul sistema preventivo, e tiene conto delle difficoltà economiche, sociali e politiche. Come educatori stiamo intervenendo nel punto più delicato e prezioso del nostro Venezuela: l’educazione”.

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