In Etiopia il sostegno continuativo è pane quotidiano

Il progetto di sostegno continuativo e simbolico “Tu sei pane quotidiano” nasce per accompagnare i bambini più poveri e più soli lungo gli anni più importanti della loro vita e farli crescere al sicuro. Un progetto destinato ad offrire loro tutto ciò che a causa della povertà non hanno, tutto ciò di cui hanno bisogno. Cibo, acqua potabile, un letto pulito, cure mediche, e poi una scuola, e un luogo sicuro dove giocare, dove diventare grandi. Tutto questo con la certezza di avere una persona unica su cui contare. Partecipando al progetto “Tu sei pane quotidiano” si garantisce un sostegno regolare che permette ai missionari di pianificare, di rassicurare i bambini più vulnerabili e di offrire le certezze di cui hanno bisogno per crescere. Con la tua promessa di esserci mese dopo mese, tutto cambia e cambia in meglio. Per l’avvio dell’iniziativa, ci siamo impegnati con i Figli di Don Bosco di Addis Abeba.

A Mekanissa i salesiani si occupano dell’infanzia più vulnerabile

Mekanissa è un quartiere poverissimo di Addis Abeba, dove manca tutto. Mancano i servizi pubblici e le strade, mancano le scuole e le cure mediche, manca il cibo… A Mekanissa le famiglie vivono in capanne di lamiera e cartone, e in pochi hanno un padre a casa. Spesso i bambini crescono solo con le madri o con le nonne, vittime della povertà più assoluta, che cercano, attraverso lavori saltuari, vagando tutto il giorno per la città, di mettere a tavola un pasto.Sono tanti, tantissimi i bambini che durante la giornata non hanno nessuno con cui stare e vivono abbandonati fra i rifiuti lungo le strade di terra e polvere del quartiere. Qui, i Figli di Don Bosco hanno aperto una missione destinata all’accoglienza, alla cura e all’educazione dei bambini più vulnerabili. C’è molto di più al Centro di Mekanissa, ma da ora la storia di Mekanissa sarà la storia del progetto “Tu sei pane quotidiano”. La storia attraverso cui verrà raccontato, mese dopo mese, l’impatto di ogni donazione, tutto il bene che arriverà nelle poverissime vite di questi bambini. Una storia solidarietà e di vite che guardano al futuro con speranza.

La testimonianza del missionario salesiano

L’emergenza covid-19 è scoppiata anche in Etiopia e noi stiamo facendo del nostro meglio per fronteggiarla. Da mesi oramai, per decreto ministeriale, le scuole sono chiuse, e analogamente i centri sportivi e le organizzazioni come la nostra, dove i ragazzi trascorrevano le giornate. Per continuare ad andare incontro alle esigenze dei nostri oltre 400 beneficiari abbiamo tentato di reinventarci in base alle nuove norme vigenti. Per i ragazzi che usufruivano di alcuni servizi prevalentemente monetari, io sono rimasto disponibile a ripagare le ricevute che i ragazzi, con un permesso speciale per entrare all’interno del compound, ci portano. Così siamo riusciti a riportare a casa gli studenti universitari dispersi in giro per il paese (inviandogli via banca i soldi necessari per il trasporto verso Addis Abeba all’esplodere della pandemia) ed allo stesso modo stiamo continuando a garantire alcuni servizi essenziali (es. pagamento di affitto o rimborso di spese mediche) per tutti i ragazzi (e le relative famiglie) che ne necessitano. Non potendo somministrare il pranzo all’interno del compound (anche qui vige la normativa che vieta assembramenti per strada od in qualunque posto pubblico o privato che sia), abbiamo escogitato la modalità per cui le cuoche continuano a cucinarlo come prima della pandemia e verso le 11,30 i ragazzi arrivano al Centro e, uno alla volta, muniti di tutte le precauzioni del caso (distanza di sicurezza, mascherina obbligatoria, etc.) entrano nel compound e ricevono pasta/riso, pane, frutta e biscotti da portar via.Il pranzo continua così ad esser garantito a chi ne necessita e per fronteggiare il divieto di somministrarlo all’interno della missione viene preparato in modo che i ragazzi lo possano portare via e mangiarselo in tutta tranquillità a casa. Se all’inizio erano solo una decina di ragazzi ad aver avanzato richiesta di poter continuare a ricevere il pranzo, giorno dopo giorno sono aumentati fino a raggiungere circa il centinaio. E ogni giorno ce ne sono di nuovi che si aggiungono. Non potendo trascorrere le giornate con i ragazzi, mi sono reinventato manutentore: ho fatto costruire nuovi servizi igienici, ho rimodernizzato la cucina e da un paio di mesi sto ridipingendo tutti gli esterni della missione. In attesa di poter tornare a stare in mezzo ai ragazzi e dar concretezza alla mia vocazione salesiana, mi sto adoperando per predisporre un posto pulito e rinnovato che possa accogliere i nostri bambini appena sarà possibile riaccettarli in cortile. Donato Galetta, missionario salesiano nel Centro di Mekanissa, Addis Abeba

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