La festa della moltiplicazione del cibo per i bambini di Dilla

Missioni Don Bosco è andata recentemente a visitare l’opera salesiana di Dilla, in Etiopia, che dà da mangiare a metà giornata a circa 350 bambini e ragazzi che appartengono a famiglie disagiate della città.

Nel quartiere che ospita una scuola per settecento allievi dalle primarie alle superiori, un asilo, i laboratori del centro professionale, gli uffici e la casa della comunità salesiana (6 fra sacerdoti e coadiutori), una chiesa parrocchiale e l’oratorio, un poco oltre verso la valle c’è un capannone multifunzione che ospita lunghe tavolate. È lì che si ripete quotidianamente, con sospensione nella fine settimana, il grande rito del “date voi da mangiare a chi è affamato”.

I Figli di Don Bosco hanno accolto alcuni anni fa l’invito del vescovo di Awasa di subentrare ai Padri Comboniani nella gestione di una piccola scuola che altrimenti sarebbe rimasta abbandonata. La loro osservazione del fabbisogno ha sùbito portato alla costruzione di un nuovo plesso per accogliere una popolazione scolastica, in crescita nel numero e nelle esigenze. Lo sguardo si è allargato necessariamente a tutto il territorio e ha visto l’esistenza di quartieri abitati da poveri. Due svolte più avanti dallo stradone dov’è l’ingresso del “Don Bosco Dilla” ci si imbatte in case di terra e lamiere abitate da famiglie dove è la sola madre a farsi carico dei figli. Il marito è fuori per lavoro: le donne dichiarano la realtà diffusa degli uomini che vanno a tentare la fortuna nella capitale; ma molte volte la loro è una pietosa bugia per coprire l’irresponsabilità di molti padri.

L’intervento dei salesiani è una risposta alla mancanza di un’alimentazione sana e regolare per molti. Le centinaia di piccoli che discendono per la strada alle 2 del pomeriggio per raggiungere il capannone e consumare il loro pasto sono accompagnate anche da qualche madre con i seni smunti che va lì per avere un poco di latte da dare al più piccolo. Il loro volto per fortuna non mostra vergogna perché queste donne sono consapevoli che stanno facendo il bene dei loro piccoli, e non è per loro inedia che non dispongono di risorse adeguate. Una di esse, che poi abbiamo accompagnato fino a casa, guadagna qualcosa facendo la lavandaia per altre famiglie. Porta con sé oltre al bambino in braccio anche le taniche per riempirle d’acqua, come fanno i figli più grandi. Ognuno ha la responsabilità di contribuire a portare a casa questo bene essenziale, che l’acquedotto cittadino non distribuisce dappertutto e non garantisce da inquinamento.

Da qualche ora un piccolo gruppo di collaboratrici dei salesiani ha acceso il fuoco di legna sotto due pentoloni che ribolliranno di verdure, mais, patate e riso. Gli ingredienti cambiano secondo le stagioni e le disponibilità. Gran parte di essi vengono da Wallame, un paese poco distante da Dilla dove i salesiani hanno un’altra scuola e un centro di produzione agricola e di allevamento di maiali. È questa il circolo virtuoso per arrivare all’autosostentamento del programma alimentare, oltre che alla creazione di lavoro per decine di contadini.

All’arrivo al capannone, i bambini si distribuiscono ordinatamente sulle panche a fianco alle tavolate e pazientemente aspettano che qualcuno di loro più grande arrivi a portare la scodella con la minestra. Prima di iniziare, si eleva la preghiera di ringraziamento: una bella cantilena che il buon Dio volentieri ascolterà. Qualcuno di essi con gli occhi chiusi raccomanda che possa esserci cibo anche per il resto della sua famiglia. Poi inizia la festa, perché tale è davvero quel momento della giornata.

Non divorano, mangiano con la dovuta calma, gustando il cibo e il suo calore. Poi chi vuole attinge per il bis alla pentola che gira per i tavoli.

Neanche mezz’ora, e poi si esce. Dopo il pasto, tutti passano alla fontana: chi per sciacquarsi se si è sbrodolato, chi per riempiere la pancia di acqua fresca e sicura, chi per farne provvista. La mensa dei salesiani è anche questo. Qualcuno si ferma nel cortile per giocare un poco, per rincorrersi o per a tirare un calcio a qualcosa. Ma nessuno si attarda: c’è la risalita da affrontare, la scorta di energie appena fatta è da consumarsi lentamente nelle rimanenti ore di quel giorno.

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