La testimonianza di padre Bordignon nel mese dedicato ai defunti

“I Bororo mi hanno insegnato tanto. Noi occidentali siamo molto impegnati ad accumulare cose materiali. Partecipando ai rituali del funerale bororo mi ha molto impressionato questo: tutto quello che apparteneva al defunto viene bruciato. Io, scandalizzato, ho chiesto perché e il mio padrino, sorpreso dalla mia domanda, mi ha risposto: “Quello che vale di una persona non sono le sue cose ma quello che ha dentro, la sua morale, la sua cultura, il suo sapere”. Sono rimasto zitto e ho imparato. Bisogna preoccuparsi dell’essenziale della vita.”. Queste sono le parole di padre Mario Bordignon, salesiano di don Bosco che da trent’anni vive immerso nella cultura e nelle tradizioni dei Bororo del Mato Grosso, in Brasile.

Padre Bordignon, in una recente intervista, ci ha proprio ricordato l’importanza del rito funebre bororo, un rito carico di significati simbolici e quello che meglio esprime l’identità culturale di questo popolo. È curioso che gli stessi ornamenti usati dai Bororo per rivestire il teschio del defunto siano usati nel rito di nominazione – un potente rito di vita – al momento della foratura del labbro dei bambini. Il funerale, inoltre, è l’occasione per celebrare un altro rito di passaggio: l’iniziazione dei ragazzi del villaggio. Si intende in questo modo celebrare, insieme alla morte, la rinascita. Il rito funebre è dunque un tempo collettivo, a cui il gruppo partecipa a difesa di se stesso e della propria continuità.

Ci ha colpito molto il racconto di padre Bordignon, che ci ha ribadito come per i Bororo il ricordo del defunto venga mantenuto vivo non attraverso ciò che possedeva, ma attraverso i suoi insegnamenti. Un messaggio prezioso in questo mese dedicato ai nostri cari che non sono più fisicamente tra noi, ma vicini a noi e sempre vivi nel nostro cuore.

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