Le Filippine di oggi, terra di missione dal 1963

Missioni Don Bosco è molto vicina alla realtà filippina, tanto frastagliata almeno quanto il numero delle isole che la compongono. 27 case nell’isola di Manila identificano l’Ispettoria Nord; altre 11 sono nelle isole più piccole danno corpo all’Ispettoria Sud, con contatti stabili con due opere in Pakistan.

Delle Filippine abbiamo un’immagine, neanche tanto antica, di Paese a maggioranza cattolica; la Giornata Mondiale della Gioventù nella capitale Manila nel 1995 è quella che ancora oggi detiene il record assoluto di partecipanti. Ma nel frattempo è successo che la lingua dominante non sia più quella spagnola, e che le matrici religiose diverse stiano emergendo da un amalgama che aveva garantito coesistenza fra le diversità. Parole e cultura delle masse si sono occidentalizzate insieme l’uso dell’inglese, mentre le minoranze rivendicano un’autonomia che corrisponde spesso a una divaricazione fra le aree più ricche e quelle più povere. Qui l’estremismo islamico può seminare facilmente l’odio che fa tutt’uno fra domanda di equità sociale e principi di appartenenza religiosa.

I missionari collaborano all’azione di contrasto alla povertà, cercando di dare opportunità ai giovani senza distinguere fra le fedi professate. E allo stesso tempo contribuiscono a diffondere uno spirito di dialogo costante. Anche a Mindanao, nel Sud, due case attestano la volontà di servizio e di amicizia che i Figli di Don Bosco esercitano pur in un territorio ad assoluta prevalenza dei “mori” (così tradizionalmente chiamati gli abitanti), di fede musulmana. La Chiesa delle Filippine è sempre aperta al dialogo e al riconoscimento dell’identità etnica e religiosa dell’isola, tormentata dalla lotta per l’indipendenza politica dal resto del Paese. Il cardinale Orlando Quevedo, 79 anni, ha assunto un compito di guida morale dopo il completamento del suo incarico di vescovo di Cotabato; a lui fa riferimento la rete “Mindanao Catholic Church Leaders for Peace” (MCCLP) che comprende vescovi e operatori della pastorale dell’isola in sintonia con l’intera Conferenza Episcopale delle Filippine della quale fanno parte i vescovi salesiani Patricio Buzoni di Bacolod e Precioso Cantillas di Southern Leyte.

I Figli di Don Bosco partecipano al processo per il superamento del confitto ultradecennnale che ha prodotto vittime fra i civili.  

Come in altri territori in cui i cristiani sono una esigua minoranza, i salesiani operano secondo il loro carisma per l’educazione, espresso attraverso le scuole di formazione professionale. Non fanno proselitismo, ma intervengono con azioni a beneficio dei più marginali e sottoposti a sfruttamento.

Sono presenti nelle Filippine Nord e Sud con 37 opere, principalmente con parrocchie e oratori, scuole elementari, medie e centri professionali. A Legazpi, attraverso la figura di Luigi Parolin, i salesiani hanno inaugurato nel 2001 la Don Bosco agro-mechanical technology center, la scuola agraria ora diventata un punto di riferimento per molti giovani. Qui, questi ragazzi, hanno la possibilità di imparare tecniche di coltivazione e allevamento, ma possono anche diventare esperti di mezzi agricoli e impiegati amministrativi.

Ricordiamo anche che nel 2013 le Filippine erano state teatro di un disastro naturale, il tifone Haiyan che aveva provocato morte e devastazione sull’isola di Leyte. A distanza di un anno, grazie alla presenza salesiana e all’aiuto di tanti benefattori erano state riparate 3.000 case e 242 erano state costruite nuove a Candahug; erano stati costruiti anche 5 edifici scolastici. Importante era stata l’attività educativa sulla comunità attraverso alcuni progetti per le diverse comunità.

Il compito dei salesiani continua ad offrire ai giovani un’alternativa educativa, formativa e spirituale perché possano reinventarsi e riescano a rispondere alla domanda: “Cosa vuoi fare da grande?”, garantendo loro un futuro migliore.

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