L’informazione che fa bene a chi la riceve e ai protagonisti dei fatti

«Attenzione alle notizie dal ‘sud’ del mondo per non perdere la percezione del futuro che si sta costruendo»: questo l’invito che Missioni Don Bosco lancia in occasione della “Giornata della Comunicazione costruttiva 2021”.

L’impegno di chi tiene relazioni costanti con le situazioni di povertà e di cambiamento nei Paesi poveri e in quelli in via di sviluppo è di rendere noto quanto accade sotto la coltre dell’informazione sporadica e parziale che arriva alla nostra opinione pubblica. Normalmente si ritiene che questo sia un servizio dedito esclusivamente a sensibilizzare sui “problemi” e a raccogliere aiuti in varia forma: denaro per i progetti, volontariato professionale, sostegno delle autorità.

Ma proviamo a vedere anche l’altra faccia della medaglia: la necessità di cogliere con il miglior anticipo possibile le “tendenze” dell’economia e del costume, gli effetti del cambiamento climatico alle diverse latitudini, i flussi migratori, i movimenti politici. Così come di avere consapevolezza dei nostri interlocutori su scala globale, che sono i potenti delle nazioni ma anche i costruttori di cultura e di modelli di produzione dal basso.

L’informazione sui problemi ma anche sulle soluzioni

La “Giornata della Comunicazione costruttiva” è l’occasione per considerare l’insieme delle voci raccolte e diffuse e per prendere consapevolezza una volta di più dell’importanza della funzione svolta. Se si dà un indice concettuale alla quantità di articoli, messaggi, interviste regolarmente inseriti da Missioni Don Bosco nel sito e nei social media o inviati direttamente a benefattori, osservatori, redazioni, emerge la capacità di sapere con qualche anticipo ciò che poi dilagherà con le sue conseguenze nella corrente principale dell’informazione.

È stato così nel lungo anno del Covid-19 (2019-2021): ciò che stava accadendo nei villaggi sperduti della foresta amazzonica o nelle affollatissime città dell’India ad esempio era denunciato dai missionari salesiani presenti in questi due Paesi. Di quanto stesse accadendo i grandi media si sono resi conto solamente quando il dramma ha raggiunto al suo apice, quando lettori e telespettatori sono stati giudicati in grado di guardare oltre il dramma per noi più bruciante. Ma possiamo pensare che la spinta proveniente da tanti piccoli attori della comunicazione (religiosi, cooperanti, associazioni) abbia contribuito a portare in alto le immagini e gli appelli provenienti dalle ‘periferie del mondo’.

Non solo: se l’allerta nasce dai ‘problemi’, l’informazione costruttiva integra con i ‘fatti’ quella che è gridata con l’obiettivo del sensazionalismo o della commozione di breve durata. Da ovunque provenissero le notizie sugli effetti della pandemia, le stesse persone che ce le davano erano anche attrici di un intervento di protezione sanitaria, di un’accoglienza di chi era senza casa e senza cibo, di una rigenerazione della vita sociale a partire dai più giovani e insieme con loro. Molti osservano che la martellante informazione sul Covid abbia generato stati di ansia e sentimenti controversi in merito alle possibilità di prevenzione e soccorso: certamente l’informazione sulla solidarietà e sulle capacità di cura espressa nei vari punti del globo è stata – per chi l’ha potuta ricevere – un incoraggiamento ad affrontare ogni situazione con più consapevolezza.

L’informazione corretta è sempre bidirezionale

Un altro ‘caso’ di comunicazione costruttiva è la campagna STOP TRATTA, che è stata un impegno centrale per la stessa Missioni Don Bosco e per il VIS, Ong salesiana, a fine del secondo decennio e che – uscendo dalla pandemia – tornerà a esserlo: il suo contenuto è stato dato dalla trasmissione di informazioni dai e nei Paesi africani ad alta emigrazione. In una non comune reciprocità informativa, da un lato si dava conto in Italia degli sforzi compiuti per costruire alternative alla fuga attraverso la via dei trafficanti, dall’altro si avvisavano i giovani Africani dei rischi che avrebbero incontrati affrontando il deserto, il mare e le leggi in Europa.

Si tratta, ora come in passato, di ‘costruire’ una informazione ad uso della nostra opinione pubblica che anzitutto consideri il fenomeno non come una sciagura predisposta per disturbare la nostra tranquillità ma della somma dei drammi di persone che sfociano nell’unica via di fuga che è l’emigrazione. Spiegare le condizioni di Paesi colpiti dai cambiamenti climatici e dalle conseguenti carestie, dalle persecuzioni razziali o religiose, vittime dello sregolato sfruttamento delle risorse naturali… è un dovere di giustizia informativa a beneficio anche di chi cerca la bacchetta magica per risolvere un fenomeno di portata plurisecolare.

E poi si tratta di colloquiare con chi vive in quei Paesi per spiegare che la soluzione radicale non sta nel sottrarsi a un destino avverso ma di cercare risposte: nella valorizzazione delle competenze di studio acquisite, nella resistenza degli ambienti rurali assistiti dalle tecnologie adatte, nella maturazione di classi dirigenti locali non corruttibili. Tempi lunghi, indubbiamente, per vedere un cambio di rotta, ma la vera soluzione consiste nel lasciare ad ogni popolo i suoi figli, come intellettuali e esponenti religiosi affermano.

L’informazione ben fatta fa bene

Questo sforzo di riscatto dei poveri del pianeta, articolato fra vari soggetti, non balza all’occhio, mentre notizie di attentati, guerre, genocidi, disastri ambientali e schiavitù guadagnano facilmente tutti gli spazi dell’informazione con l’effetto di rinforzare la sensazione di irrisolvibilità dei problemi. Quella che un tempo si definiva ‘controinformazione’ tuttavia procede e incoraggia quei soggetti: il successo di un intervento umanitario in luoghi desertici, il disinnesco attraverso il dialogo di un conflitto latente, il ritorno di popolazioni nei territori da cui erano sfollate, l’inserimento sociale di ragazzi di strada o di bambini soldato, la costruzione di scuole primarie e gli investimenti sulla formazione professionale sono le notizie che ci è possibile ricevere dai diretti protagonisti con una frequenza inaspettata. Il compito è di diffonderle nei modi adeguati alla sensibilità dei nostri corpi sociali, differenziati per culture, per redditi, per ambienti in cui vivono. Difficile trovare le parole giuste e il momento di attenzione, ma c’è un punto di vantaggio di cui godiamo: l’informazione ‘costruttiva’ costruisce anche lo spirito di chi la riceve, chi viene guadagnato a questa rete di verità e di completezza difficilmente si accontenterà poi di informazioni ‘strumentali’, tendenziose e parziali.

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