Natale 2018: nelle nostre missioni ha un sapore speciale

Padre Graziano – missionario in Madagascar

Un saluto a tutti voi, unitamente agli auguri per le festività ormai prossime : il Santo Natale e il Nuovo Anno 2019. Il Natale noi lo celebriamo al caldo del tropico del Capricorno; una celebrazione un po’ atipica per chi è nato nell’emisfero nord in regioni dove il Natale si celebra in periodo invernale. Mi ritornano alla mente gli anni della mia giovinezza, dell’infanzia, quando preparare il presepe e l’albero di natale era una evento importante, insieme alle recite e ai canti a scuola, la messa di mezzanotte e il cammino di circa un’ora per raggiungere la chiesa.

Questa immagine del cammino mi si è fortemente impressa nella mente e nel cuore, e ci ripenso ogni qualvolta mi metto in viaggio lungo il Madagascar. Non tanto per il “mio” di cammino (che faccio in auto…), ma quello delle persone che incontro strada facendo: ragazzi che fanno, scalzi, ore di cammino per andare e tornare da scuola e dalla chiesa; giovani e adulti che camminano ore e ore, scalzi, per portare la merce al mercato, partendo quando ancora fa notte e rientrando quando la notte è nuovamente alle porte; giovani e meno giovani che spingono carrette pesantissime cariche di carbone, mattoni, mercanzia…

Guardandoli, faccio lunghe riflessioni sulla loro vita, le loro famiglie, le loro storie personali, il loro possibile avvenire… Guardando i loro volti sorridenti, penso alla semplicità delle loro vite e alla genuinità delle loro relazioni che danno molto spazio all’incontro, all’accoglienza, al valore della persona.

Tuttavia, una certa amarezza spesso mi assale perché queste persone hanno anche grandi sofferenze; grandi battaglie quotidiane da affrontare per risolvere i problemi del sostentamento per la famiglia; grandi incognite sul domani a causa dell’insicurezza che pervade molte zone del Madagascar con i banditi che assaltano i villaggi o i convogli in viaggio; grandi paure per le minaccie che subiscono, i soprusi o le ruberie a cui sono sottoposte anche da parte di chi dovrebbe invece tutelare e proteggere…

I miei fratelli e sorelle malgasci: gente in cammino, che sorride e che cerca di metterti a tuo agio, magari anche con una vena di umorismo per aver sempre un motivo in più di sperare e credere a un domani migliore…

Per noi missionari non è sempre facile offrire dell’aiuto. Sono molti i giovani che mi chiedono aiuto per la scuola, la malattia, per trovare un lavoro… ; molte le mamme sole che bussano alla porta per trovar qualcosa da dar da mangiare alla famiglia. Dopo 20 anni che mi trovo in Madagascar, ancora oggi mi chiedo se ci sarà – un giorno – l’attuazione di una realtà migliore per questi nostri fratelli e sorelle.

Oggi celebriamo la terza domenica di Avvento, definita anche “Domenica della Gioia”. Fa molto pensare questo tema della gioia, in un mondo (quello nostro, dell’umanità) e in un paese dove (come in altri) la povertà, la sofferenza, la violenza, le ingiustizie… sono all’ordine del giorno (e qui in Madgascar pur non essendoci la guerra!).

Ma è proprio per questo che celebriamo il Natale…

Giovanni Paolo II diceva che la gioia può coabitare con la sofferenza: “La gioia cristiana ha una caratteristica unica, quella di poter coabitare con la sofferenza, perché è interamente basata sull’Amore”.

Papa Francesco aggiunge: “Ma qual è la gioia che il cristiano è chiamato a vivere e a testimoniare? È quella che proviene dalla prossimità di Gesù, dalla sua presenza nella nostra vita. Con gli occhi rivolti verso il Natale, la Chiesa ci invita a testimoniare che Gesù non è un personaggio del passato. È la Parola di Dio che continua ad illuminare il cammino dell’uomo. I suoi gesti, i sacramenti, sono la manifestazione della tenerezza, della consolazione e dell’amore del Padre verso ogni essere umano…”.

Abbiamo bisogno di celebrare il Natale, per ricordarci che l’Amore di Dio non abbandona.

Benedetto XVI diceva: “Pensiamo ai nostri fratelli e sorelle che, specialmente in Medio Oriente, in alcune parti dell’Africa e in altre parti del mondo vivono il dramma della guerra: che gioia possono vivere? Come sarà il loro Natale? Pensiamo a tante persone malate e sole che, oltre ad essere provate fisicamente, lo sono addirittura nell’anima, perché spesso si sentono abbandonate: come condividere con loro la gioia rispettando la loro sofferenza? Ma pensiamo anche a quelli – specialmente ai giovani – che hanno perso il senso della vera gioia e che lo cercano invano, dove è impossibile trovarlo ‘in una disperata corsa verso l’autoaffermazione e il successo, nel falso divertimento, nell’uso smodato dei beni di consumo, nell’ubriachezza, nel paradiso artificiale delle droghe e in tutte le forme di alienazione’. Non possiamo non paragonare la liturgia di oggi e il suo ‘Rallegrati!’ con queste realtà drammatiche. Come ai tempi del profeta Sofonia, è davvero a coloro che sono nel calvario, ai ’feriti della vita e agli orfani della gioia’ che viene offerta in modo privilegiato la parola del Signore. L’invito alla gioia non è né un messaggio alienante né un palliativo sterile, ma, al contrario, è una profezia di salvezza, un richiamo alla redenzione che parte dal rinnovamento interiore”.

Una profezia di salvezza che come cristiani siamo chiamati ad annunciare anche in questo Natale. Se ciò non avvenisse, vana sarebbe la nostra fede, vano il nostro andare, senza ‘sapore’ la nostra carità, senz’anima la nostra vita.

Carissimi, tanti auguri: Buona Novena, Buon Natale e Felice Anno Nuovo nel Signore!

Padre Graziano

 

Don Riccardo, missionario a Tappita, in Liberia

“Un bambino è nato per noi,

ci è stato dato un figlio”

 (Is 9, 5).

Sono un bambino africano

 

Sono un bambino africano, nato con una pelle color cioccolato

Intelligente, brillante, che sa esprimersi bene, forte e ingegnoso

Dotato a sufficienza per essere il migliore.

Sono un bambino africano.

 

Spesso oggetto di compassione, il mio futuro non si limita alla carita’

Dammi il dono di una vita, dammi un sogno, uno spiraglio di opportunita’

E crescero’rigoglioso.

Sono un bambino africano.

 

Non nascondermi i miei difetti, mostrami i miei sbagli, io sono come tutti gli altri

Insegnami a sognare e io diventero’ qualcuno.

Sono un bambino africano.

 

Sono figlio, figlia di questa terra, piena di potanzialita’ per un domani migliore

Insegnami la disciplina, insegnami a formare la personalita’, insegnami il duro lavoro

Insegnami a pensare come la stella che c’e’ in me.

Sono un bambino africano.

 

Io posso essere eccezionale, chiamami William Kamkwamba, l’inventore

Dammi una biblioteca con dei libri,

dammi una discarica di rottami e scarti di dispositivi elettronici

dammi una bicicletta rotta, piu’ la liberta’ di essere me stesso

E io ti costruiro’ un mulino a vento.

Sono un bambino africano.

 

Siamo la nuova generazione, senza paura di essere noi stessi

Eccezionalmente dotati, neri e abili, siamo brillanti come le stelle

Siamo i bambini dell’Africa, capaci di diventare il meglio di noi stessi.

Si’, sono un bambino africano.

 

 

Dio vuole la felicità

ed il sorriso di ogni bambino

e il suo favore è per lui

« perché a chi è come loro infatti

appartiene il Regno di Dio »

(Benedetto XVI)

Cari amici e benefattori,

E’ una poesia pubblicata nel 2010 da Eku McGred, poeta, compositore e musicista, nato in Sierra Leone. La trovo molto adatta ad esprimere la realta’ che sto vivendo in questo Natale nella nuova Missione.

Abitiamo in quella che era la residenza delle Suore della Consolata, adiacente alla clinica che gestivano, fino a quando non l’hanno dovuta lasciare a causa della guerra. Dalla mia camera sento i gemiti e le urla delle partorienti (specialmente nella notte quando tutto e’ silenzio!) e poi l’immancabile grido dell’ostetrica: ALLELUIA!!!!

E’ andato tutto bene! Una nuova vita e’ sbocciata in Tappita. Poi in men che non si dica la notizia si diffonde, portata dalle donne che danzando corrono in paese… e la gente comincia ad arrivare cantando e danzando portando  sulla testa cibo e regali.

E’ la celebrazione della vita, il valore piu’importante e prezioso in una situazione di poverta’. Quest’anno 2018 nella nostra clinica sono nati circa 300 bambini! E’ Natale ogni giorno. La citta’ brulica di bambini.

Non diversa e’ stata la realta’ del Bambino nato a Betlemme tanti anni fa. La poverta’ era estrema, ma la gioia immensa: ‘Vi annuncio una grande gioia. Oggi e’ nato per voi il Salvatore’.

Quando era nato Giovanni Battista la gente si chiedeva: “Cosa sara’ di questo bambino?.”

Che cosa sara’ di questi bambini? Cosa sara’ del bambino africano?

L’Africa, stanca di camminare a carponi, si sta alzando sulle proprie gambe. Ci sono segni che puntano a un futuro migliore per le nuove generazioni. Ma le gambe sono ancora deboli e il cammino lungo. Il bambino africano ha tutto quello che serve per prendere in mano il suo futuro e il futuro del continente. Serve solo quancuno che lo accompagni, lo sostenga e lo aiuti, invece di dargli degli spintoni e buttarlo costantemente a terra.

Grazie per quello che fate per rafforzare le gambe del bambino africano, perche’ possa marciare spedito verso il suo futuro e il futuro del suo continente.

Auguro a tutti voi un Natale sereno, pieno di gioia e ricco di benedizioni celesti.

Don Riccardo, sdb

 

Paolo Vaschetto, missionario in Nigeria

Carissimi amici,

un bel racconto di Natale mi è capitato tra mano e volevo condividerlo con voi.

Si narra che durante una recita scolastica per il Natale, quando si respira quel clima magico in cui i bambini “sentono” la festa come qualcosa di proprio, di bello e meraviglioso, si sia verificato un inconveniente non da poco. Si era nella scena in cui Maria e Giuseppe arrivano a Betlemme e alla porta della locanda una bambina impersonava l’oste. La frase, ben imparata a memoria era: “Non c’è posto per voi. E’ tutto prenotato!” ma… quando la bimba vide davanti a sé un Giuseppe affaticato e stanco e una Maria bellissima e con il pancione non potè che esclamare: “Wooow! Che bello! Siete benvenuti! Entrate!!!”

Magari fosse davvero accaduto così! La generosità di quell’oste avrebbe ispirato così tante persone da duemila anni a questa parte ad accogliere chi è in difficoltà, stanco e nel bisogno. Tante porte chiuse invece le creiamo ancora oggi, tanti confini invalicabili, tanti rifiuti di chi, per un attimo, non riesce a cavarsela da solo ma ha bisogno di qualcun altro…

Penso che il Natale sia proprio la grande festa dell’accoglienza e ringrazio il cielo che ho avuto la possibilità in questi anni di essere l’oste accogliente proprio come la bambina del racconto.

Alla casa “Bosco Boys” di Ibadan abbiamo accolto in questi due anni quasi duecento ragazzi in grandissima necessità. Erano affamati e hanno trovato qualcosa da sfamarsi, nudi e ora sono vestiti, ammalati e infine seguiti con cura e affetto. Una casa ha valore se le porte sono solo “simboliche” e non significano un rifiuto, una casa ha senso se è una famiglia e non solo mura, una casa è grande se il cuore delle persone che la abitano è grande.

Grazie, cari amici, perché sulla porta, con l’oste, ci siete stati anche tutti voi. Prego che riusciate ad accogliere Gesù non solo durante il Natale, ma anche durante tutto il resto dell’anno. Se lo farete non rovinerete la recita come accadde con la bambina ma si inizierebbe la più bella storia mai raccontata, la storia di una vita spesa per gli altri.

Buon Natale

Paolo

 

Gabriele Garniga, missionario in Sri Lanka

Carissimi benefattori,

E’ Natale. Gesu’ nasce di nuovo per noi. Apriamo il cuore a riceverlo e a farlo conoscere attorno a noi.

A Natale Gesu’ si fa uno di noi. E’ entrato nel nostro mondo cercando di portare pace, gioia e serenita’ nelle persone che siamo noi. Aspetta a noi ora, come cristiani, essere la proiezione di Gesu’.

Lo Sri Lanka e’ al 70,2 % buddista. La commercializzazione del Natale e’ giunta in anticipo anche qui.

Il Natale, in molte chiese, istituti e scuole, viene celebrato in anteprima con canti scenette e con qualche regaluccio ai bambini, ragazzi e ragazze che hanno frequentato il catechismo settimanale e altre attivita’. Normalmente i regali consistono in materiale didattico (quaderni, penne, matite, colori, ecc.) per alleviare il peso finanziario alle famiglie.

Alcuni monaci buddisti hanno “contestato” questo nostro atteggiamento perche’ dicono che noi diamo, mentre loro richiedono. La campanella suona alle 11.30 e la famiglia di turno dev’essere pronta a consegnare il buon pranzo al tempio buddista. “Voi date, Noi riceviamo”.

La generosita’ cristiana si fa servizio.

A Bosco Sevana, i ragazzi orfani che non possono andare in vacanza, a Natale vengono ospitati ognuno in una famiglia diversa per la celebrazione. Queste famiglie fanno sentire l’amore e l’affetto a questi ragazzi che spesso non l’hanno mai sperimentato prima.

E’ Natale. Apriamo il cuore a quanti ci sono vicini superando le barriere dovute a incomprensioni, screzi, colore, religione e quanto altro puo’ intralciare le nostre relazioni.

Buon Natale. Sentiamoci uniti.

Bro. Gabriel Garniga

 



Roberto Panetto, missionario in Cambogia

Dal Don Bosco di Sihanoukville.

Cari Benefattori ed amici di Missioni Don Bosco,
Quest’anno il numero degli studenti della nostra scuola è molto diminuito. A Sihanoukville abbiamo avuto solo 300 richieste mentre i posti disponibili erano 270. La società cambogiana sta cambiando o la scuola Don Bosco comincia ad invecchiare ed è meno attraente per i giovani? Mentre cercavamo di scoprirne le ragioni, abbiamo accolto un nuovo gruppo di studenti per l’anno 2018-19. Comunque i giovani che hanno fatto domanda erano i più motivati e bisognosi a confronto di altri provenienti da famiglie più benestanti dove i figli possono permettersi di frequentare le scuole superiori, l’università o il politecnico statale.

Don Bosco in Cambogia tiene fede al suo impegno a favore dei poveri. Dobbiamo trovare nuovi giovani e bambini che non conoscono le nostre scuole o che magari non hanno neppure  il coraggio di iscriversi alla nostra scuola perché pensano sia troppo costosa anche se il contributo richiesto è solo il 40% delle spese reali che sosteniamo (uno studente che vive nei nostri istituti contribuisce con 570 $ all’anno mentre il costo è di 1.450 $). Quello che manca verrà ricavato attraverso progetti sostenibili realizzati nella nostra scuola.  I giovani più poveri vengono accolti anche gratis.

In tutte le nostre scuole professionali ci preoccupiamo di insegnare ai giovani tramite la realizzazione di lavori veri. La qualità, la puntualità ed un prezzo modico è quello che ogni cliente si aspetta. La responsabilità nell’esecuzione del lavoro è una parte integrale dell’educazione secondo la tradizione ereditata da Don Bosco.

Lo sforzo di essere autosufficienti è un dovere verso i giovani più poveri di  altre parti del mondo  che noi possiamo aiutare limitando le nostre richieste di donazioni.  

Una devastante esplosione alla scuola meccanica Don Bosco di Sihanoukville

Il 7 giugno scorso, con profondo dolore, abbiamo informato la comunità salesiana di tutto il mondo della tragedia che ha colpito la nostra scuola.

Alle 13:15, mentre gli studenti e il loro insegnante stavano lavorando nella sezione meccanica, una bombola di gas e una di ossigeno utilizzate per saldare sono esplose. L’istruttore capo laboratorio Mr. Seng Sarat che stava saldanto degli utensili quando probabilmente il tubo della bombola del gas si è spezzato e la fiamma innescata è state diretta sulla bombola dell’ossigeno provocando l’esplosione di entrambe le bombole a pochi metri da dove l’insegnante stava lavorando.

La paurosa esplosione ha ucciso l’insegnante all’istante. Un altro insegnante e tre studenti sono stati feriti, per fortuna in modo non grave. Mr. Sarat era una brava persona, sempre disponibile ad aiutare e ad assumersi responsabilità come capo della sezione maccanica. Lascia la moglie e due bambini piccoli, uno di 3 e l’altro di 1 anno. Dalla telecamera di sorveglianza si possono vedere molti studenti vicino alla zona dell’incidente fino a pochi minuti prima dello scoppio. Improvvisamente essi si sono spostati verso l’altra parte del capannone e nessuno era nella stanza dove Mr. Sarat stava lavorando. Il muro tra la stanza e il capannone dell’officina ha protetto gli studenti che lavoravano lì vicino. La deflagrazione ha provocato una forte vibrazione dell’intera struttura e degli edifici vicini. I vetri delle finesetre fino a 40 metri di distanza sono andati a pezzi e le tegole del tetto completamente distrutte. Molte macchine sono state capovolte e irrimediabilmente danneggiate. Abbiamo chiuso la scuola fino al giorno 11. Questo incidente ci ha lasciati senza parole. Abbiamo avuto momenti di preghiera  per la famiglie di Mr. Sarat sia con una messa che con il rito buddista.

Diffusasi la notizia del terribile incidente, abbiamo ricevuto l’impressionante risposta e solidarietà da tante parti del mondo. Prima di tutto abbiamo sostenuto la famiglia di Mr. Sarat. Con il contributo dei benefattori abbiamo aperto un fondo per aiutare i due bambini fino al compimento degli studi. Naturalmente sono state a nostro carico le spese del funerale e alla vedova è stata donata una somma di denaro oltre ad un prestito per acquistare la proprietà di un pezzo di terreno dove verrà costruita la loro casa.

La ricostruzione dell’officina e degli impianti di sicurezza è in via di realizzazione grazie al contributo di donatori europei.

Don Bosco diceva: “ quando un salesiano morirà mentre lavora per i giovani, la congregazione avrà raggiunto un grande successo”. Tutti i nostri studenti ed insegnanti sono parte della famiglia di Don Bosco. Mr. Sarat ha contribuito al successo della nostra missione in Cambogia e lo ricorderemo come una persona dedita al  lavoro fino alla fine della sua vita.

Nuovi orizzonti a Siem Reap e Battambang.
Anche se i salesiani sono ancora pochi, confidiamo che la famiglia salesiana cresca e continuiamo a progettare per il futuro.
Abbiamo acquistato sette ettari di terreno nella zona di Siem Reap per eventualmente agevolare la frequenza scolastica ai giovani di quelle zone rurali. Il terreno è sufficiente per qualsiasi realizzazione necessaria e si trova in una zona di forte espansione. Dire Siem Reap significa parlare della più grande attrazione turistica della nazione, Ankor Wat. Il turismo e il serivio alberghiero sono una priorità sia per l’educazione che per il futuro l’impiego. Abbiamo inoltre avuto l’occasione di acquistare una guesthouse in centro città e sarà aperta in dicembre appena ultimati i lavori di rinnovamento. Questa struttura, “Don Bosco e Vary guesthouse” avrà 20 camere per i clienti ed altre camere potranno essere aggiunte in futuro per ospitare sia gruppi di semplici studenti che turisti pretenziosi in visita ai magnifici templi di Angkor Wat. Questo progetto è ralizzato per fini di sostenibilità  dal momento che i Salesiani sono pochi e non si può pensare a iniziare una nuova presenza in tempi brevi. Sia il Don Bosco hotel school di Sihanoukville che il nuovo Don Bosco Vary guesthouse potranno collaborare per provvedere all’ospitalità dei clienti nelle due città, mete di tanti turisti.

Nella zona di Battambang

Don Bosco sta realizzando una scuola agraria e corsi di meccanica agricola nella struttura del distretto di Salabalat. Per offrire più alternative per imparare tecniche di coltivazione abbiamo acquistato 24 ettari di terreno molto fertile nel distretto di Banon, 15 km dalla presente scuola agraria di Salabalat, dove ci sono solamente risaie. Un volontario veterano tedesco, Mr. Walter Zwick, sta facendo un sopralluogo e analisi del nuovo terreno per trovare il modo migliore di utilizzazione del medesimo. Il terreno sembra adatto per piantagione di cassava, mais e ortaggi. Anche questo progetto è finalizzato all’autosostentamento.

Grazie a tutti i benefattori e amici di Mission Don Bosco che sostengono le missioni di Don Bosco.

È tempo di natale, di gioia e condivisione e ci scambiamo gli auguri e regali. Chiedo a ognuno di voi di dire una preghiera per Leng Moui Nim malata di HIV. La bimba è sostenuta tramite il progetto Don Bosco Children Fund. Ultimamente è peggiorata velocemente, per questo abbiamo cercato con successo a farla ricoverare all’ospedale dei bambini. Sfortunatamente la famiglia ha improvvisamente deciso di portarla a casa anche se noi avevamo garantito il pagamento di tutte le spese per le cure alla piccola. Non possiamo far altro che assicurarle tutto il bene del mondo. Non sappiamo se a Natale sarà in terra o in paradiso, ma diciamo una preghiera per lei. Quest’anno Gesù Bambino sarà una piccola bambina, il suo nome È Nim.

GRAZIE! BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO 2019

Roberto Panetto

 


 Luigi Parolin, missionario nelle Filippine

I missionari del centro salesiano delle Filippine


Don Felice, missionario in Kenya

Aveva chiesto a Maria il

permesso di venire tra noi.

Lui, il figlio di Dio.

Maria lo ha accolto con la gioia di

una mamma… e che Mamma!

A quanti l’hanno poi incontrato

Ha dato gioia. I pastori sono venuti,

la gente accorreva, i poveri gli

facevano ressa, i malati volevano

toccarlo per guarire…

Buon Natale di Gesu!

Che cresca nel suo cuore il desiderio

di incontrarlo e la gioia di

averlo trovato.

Buon Natale!

 

Maria ci ha sempre fatto da Madre” (Don Bosco)

Non c’è Natale di Gesù senza la presenza della sua Mamma.

Gesù, ne ha fatto dono anche a noi.

Quanti bambini vivranno questo Natale senza mamma!

L’hanno persa per malattia, o sono stati rifiutati dai genitori, oppure hanno visto papà e mamma morire sotto i colpi dei fucili od ancora li hanno smarriti durante le fughe dai loro paesi di sofferenza.

Ci sono bambini che hanno una mamma inghittita dalla miseria e dalla sofferenza, come quella di Alex, un bambino che adesso è al Don Bosco di Nairobi. La sua mamma, dopo la separazione dal marito, entrò in depressione e comiciò a darsi all’alcool ed alla droga. Ebbe 4 bambini, tra cui Alex. A lui ed agli altri 3  pensava, come poteva, la nonna anziana, perchè la mamma era sempre in giro ubriaca. Alex si era abituato a scappare, tutte le volte che la polizia setacciava la baraccopoli. Sopravviveva raccogliendo e vendendo plastica e rottami di ferro.

Oggi Don Bosco ha accolto Alex nella sua casa perchè la Madonna, attraverso i Salesiani, gli dia quell’affetto che lui non ha potuto avere.

Che il Natale sia per tutti noi anche questo: diventare per tanti l’affetto di una mamma che si prende cura e che consola.

A voi, tutto il nostro grazie per essere quel cuore per tanti bambini e ragazzi che la Madonna ci manda.

Con tutti i nostri giovani, insieme a Don Bosco, con affetto, vi auguriamo

Buon Natale e Buon Anno!

Don Felice

 


Padre Giampiero, missionario in Guatemala

In questi giorni sono stato molto preoccupato. Il fatto di rimanere l’anno prossimo solo con il padre Michele, che nonostante i suoi 75 anni suonati dimostra ogni giorno di lavorare per tre e di avere un cuore profondamente missionario, mi ha reso molto agitato. Il fatto di dover ridurre tutte le attività della parrocchia non mi ha lasciato dormire tranquillo. Troppe cose da fare e siamo decisamente pochi per portarle avanti.

A quanto pare, però, il Signore quest’anno ha voluto ricordarmi qual’è il vero senso del Natale: lasciarsi stupire dall’opera del Signore, padrone della storia e del nostro destino. Io che cerco di tenere sempre tutto sotto controllo e che nonostante creda tanto nella Provvidenza di Dio e che nonostante abbia avuto continuamente segni evidenti della sua presenza nella mia vita, finisco sempre per correre il rischio di chiudermi nei miei progetti così mentre che con il padre Michele discutevamo su come portare avanti i vari fronti pastorali della parrocchia in quali concentrarci e in quali doverci ritirare per il semplice fatto che siamo uno in meno, il Signore ha pensato di farmi un regalo di Natale davvero inesperato e ricordarmi che lui viene al mondo per capovolgere le nostre strategie e le nostre convinzioni.

Viene il vescovo, Mario Fiandri e mi racconta che 12 famiglie sono state sfrattate dal villaggio in cui vivevano. In Guatemala c’è un area protetta dove non si può costruire per preservare la biosfera maya, il problema che molta gente viveva lì già da molti anni e prima che la legge fosse approvata. Per cui, l’esercito è intervenuto per sfrattarli e li ha trasferiti in un terreno temporaneamente di un privato cittadino. La legge è legge e va rispettata, ma queste dodici famiglie che si trovano dal giorno alla notte senza casa, senza lavoro, perchè coltivavano la terra dove vivevano, che faranno?

Il vescovo si è proposto come mediatore con il governo perchè dessero a loro un terreno per vivere nel frattempo che si trovava una soluzione per loro. Il governo promise di affittare un terreno nel frattempo che si trovasse un terreno di quelli confiscati ai narcotrafficanti dove metterli definitivamente.

Come sempre i governi di queste parti promettono molto e non fanno nulla di quello che promettono. Per cui è toccato al vescovo pagare l’affitto del terreno dove sono stati messi temporeanemente le persone. Il costo dell’affitto era eccessivo e le casse del vicariato non sono certo traboccanti (e lo dico per conoscenza diretta, visto che sono l’amministratore economico del vicariato). Per cui viene da me, chiedendomi se conoscevo qualcuno che vendesse un terreno a prezzi modici per sistemare queste famiglie. Dicendomi che li vogliono sfrattare anche dal terreno dove stanno perchè nessuno paga per loro. Del resto sono famiglie povere, la maggior parte di loro non parlano neanche spagnolo, ma solo quetchi. Non possiamo come chiesa rimanere inermi al grido di sofferenza di questa gente.

La soluzione è stata molto semplice e la mia risposta ancor più rapida. “Mario, Io ho un terreno dove potrebbero stare, qual’è il problema” (in realtà il terreno è del vescovo, perchè è un terreno parrocchiale, ma lui non si ricordava che lo amministro io perchè si trova nel territorio parrocchiale). Per cui siamo andati con il vescovo a vedere il terreno e in quattro e quattrotto abbiamo organizzato tutto per trasferire le famiglie. Costruito dei bagni molto semplici, connesso l’acqua pulito il terreno.

Regalo di Natale: Dodici famiglie, cinquantasette persone di cui trentadue bambini da accudire! Dargli da mangiare, proteggerli dal freddo, costruirgli la casa (perchè tra l’altro gli hanno anche rubato la legna con cui avevano costruito la casa mentre si trasferivano per il nostro terreno), vedere come far studiare i bambini. 

Da un lato la mia paura di cosa potremmo fare solo in due, dall’altro la convinzione che l’opera di San Benito non è mia, ma del Signore e

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