Repubblica Centrafricana, una crisi umanitaria infinita

La Repubblica Centrafricana è vittima negli ultimi anni di una crisi umanitaria senza precedenti. Al 188° posto sui 189 Stati della classifica ONU dell’Indice di Sviluppo Umano, il Paese è piegato da violentissimi episodi di guerriglia che flagellano il suo territorio dal 2013, in seguito al colpo di Stato con cui le milizie musulmane Seleka hanno deposto il presidente François Bozizé. Nonostante l’accordo di pace firmato a febbraio 2019 dal governo e dai gruppi armati, la violenza continua senza sosta in molte parti del Paese.

Sebbene ci siano stati meno attacchi su larga scala ai civili, migliaia di persone vivono ancora nella paura costante, esposte a attacchi, violenze e omicidi, senza accesso all’assistenza sanitaria o ad altri servizi di base. Il più delle volte, i gruppi armati colpiscono obiettivi civili anziché danneggiarsi tra loro. Attaccano strutture sanitarie, scuole e personale scolastico, moschee, chiese e i luoghi in cui si rifugiano gli sfollati. Le famiglie, terrorizzate, sono costrette ad abbandonare le loro case. Per i bambini costretti a rifugiarsi tra la vegetazione, le condizioni sono ancora più dure.

Combinati con un accesso molto limitato a cure mediche, acqua potabile e servizi igienico-sanitari, gli sfollamenti forzati producono una crisi di malnutrizione per i bambini.

La Repubblica Centrafricana è inoltre il Paese con il secondo tasso di mortalità neonatale e materna più alto al mondo, dove poco più di metà dei bambini riesce a completare la scuola primaria e quasi metà della popolazione non ha un accesso sicuro all’acqua potabile.

 La pandemia da covid-19 non ha fatto che inasprire un quadro socio-economico già estremamente drammatico, mettendo ancor più alla luce problematiche endemiche come la difficoltà di accesso all’acqua, all’istruzione, alla sanità e il sovraffollamento, soprattutto nella capitale Bangui, epicentro della propagazione del virus. A peggiorare ulteriormente il contesto di enorme precarietà, l’embargo a cui è sottoposto il Paese a causa delle dinamiche politiche, che ha annullato il già esiguo potere d’acquisto delle fasce più povere della popolazione.

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