Bambini invisibili: lo sfruttamento dell’infanzia in Cambogia

Sono molti i bambini invisibili in Cambogia: come dimostra il basso tasso di registrazione all’anagrafe civile, tanti non hanno alcuna carta attestante la loro identità e ciò li rende facilmente soggetti al traffico di esseri umani e allo sfruttamento sessuale o come forza lavoro nella produzione agricola, nei mercati o in ambito domestico.

Molti diventano bambini di strada, altri sono oggetto di trafficking sia all’interno del paese che verso i paesi confinanti. A causa della povertà e della mancanza di istruzione delle famiglie, poi, la prostituzione infantile è purtroppo molto diffusa ed è alto il numero di decessi per malattie sessualmente trasmissibili. Si stima che tra il 2007 e il 2013 49.000 minori sotto i 15 anni siano divenuti orfani a causa dell’HIV/AIDS.

Nella società le donne e i bambini vivono in una condizione di forte subalternità e sono oggetto di pesanti discriminazioni. Il valore che viene loro accordato non è lo stesso di un uomo adulto. Per questa ragione le violenze sessuali di cui sono vittime donne e bambini non suscitano forte indignazione, né sono considerate un reato grave, piuttosto una manifestazione di potere nei confronti dei più indifesi.

Secondo un report di ADHOC (associazione cambogiana per i diritti umani e lo sviluppo) relativo ai primi sei mesi del 2015, ci sono stati 74 stupri di bambini: 5 avevano meno di 5 anni e 32 meno di 10. A questi si devono aggiungere altri 31 casi di stupri di donne, la metà delle quali con disabilità.
Nello stesso periodo 152 donne e ragazze sono state vittime di sfruttamento sessuale e trafficking.

Gli autori di questi crimini sono spesso particolarmente giovani: secondo un rapporto dell’ONU, un quarto dei maschi cambogiani ha ammesso di aver usato violenza almeno una volta e sui 2000 intervistati 300 hanno commesso il loro primo stupro prima dei 15 anni.

Il preoccupante numero di stupri è da legarsi alla vulnerabilità dei bambini poveri soprattutto nelle aree rurali del paese, all’eccessivo consumo di droga e alcol della popolazione maschile adulta, alla corruzione delle forze dell’ordine e del sistema giudiziario, alla mancanza di esperienza nelle indagini e più in generale alla cultura dell’impunità (secondo un rapporto delle ONG cambogiane, solo un caso di violenza sessuale contro un minore su cento denunciati nel 2011 è terminato in un processo).

Quello che ancora deve trovare spazio nella società così come nell’opinione pubblica cambogiane è una maggiore consapevolezza dell’identità dei bambini quali persone titolari di propri diritti e degni di essere rispettati come esseri umani.

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