Un museo che è casa di chi ama Don Bosco

Un punto ci tiene a precisare Stefania De Vita, direttrice del Museo Casa Don Bosco: qui non si fa principalmente una operazione di conservazione di cimeli, importanti ed esclusivi, sulla vita del Santo e dei primi anni della Congregazione, perché si desidera soprattutto accogliere quanti vogliono conoscere l’esperienza salesiana.

Con questo spirito è stata vissuta una intensa tre-giorni di inaugurazione a Valdocco di questo museo che – in virtù della sua qualifica – entra a buon diritto nella rete dei punti di interesse culturale e turistico della città di Torino.

La presentazione ai giornalisti venerdì 2 ottobre e l’inaugurazione con le autorità civili e religiose il sabato seguente ha preceduto l’apertura al pubblico degli oltre 3.000 metri quadri di esposizione ma – qui un altro pregio del museo – le strutture architettoniche originali della casa in cui hanno mosso i primi passi la pedagogia dell’amorevolezza e la chiamata al servizio per i giovani in tutto il mondo.

Il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, ha garantito la sua presenza a tutti questi momenti, per sottolineare l’importanza di questo sito reso capace di comunicare con rigore professionale lo spirito delle origini e il suo durare oggi nei 134 Paesi di presenza salesiana. “La nostra Congregazione ha la gioia e la responsabilità di consegnare, per il bene di tutta la famiglia salesiana del mondo, per i pellegrini e i turisti della Città di Torino, il nuovo allestimento museale, completamente rinnovato, dei luoghi delle origini, dell’avventura educativa e spirituale di don Bosco” ha spiegato ai giornalisti don Artime.

Gli spazi del museo, che eredita anzitutto le “camerette” – già meta di pellegrinaggi o di semplici visite di curiosità – comprendono l’intera struttura originaria del primo oratorio, da quanto fu costruito intorno e sopra la tettoia Pinardi. È stata data piena accessibilità secondo le normative attuali anche agli scantinati, portando i visitatori a calcare i pavimenti dove mamma Margherità accoglieva e cucinava per i ragazzi, e dove si svolgevano le “accademie”, l’appuntamento della sera in un tempo senza radio, televisione o Internet ma i ragazzi si divertivano con musica e teatro fatti da loro. Assumono un contorno quasi visibile le modalità in cui Don Bosco dava la sua “buona notte” ai ragazzi che dovevano fugare ogni paura e trovare un po’ di pace.

De Vita spiega che il progetto del Museo Casa Don Bosco “ha seguito una linea filologica, rimettendo in luce gli ambienti originali della seconda metà ‘800. A tutto questo è stata aggiunta l’esposizione di collezioni mariane, liturgiche, devozionali e artistiche. Un notevole lavoro di restauro è stato applicato ad arredi, tessuti, oggetti di pregio artistico e devozionale”. Due anni di preparazione, da quando con il rettore di Maria Ausiliatrice don Cristian Besso lei, profonda conoscitrice di storia dell’arte e abilitata alla gestione museale, mise piede nel grande spazio del Museo Mariano dove si conservano senza una precisa regia i ricordi provenienti da quasi due secoli di storia salesiana.

Il Rettor Maggiore ha sottolineato che “sono stati ristrutturati gli ambienti collocati sotto il cortile e la Casa Madre, ma è anche stata restaurata integralmente la collezione di oggetti appartenuti sia a Don Bosco che alla prima comunità salesiana. È un patrimonio da scoprire e da gustare, apprezzandone il valore culturale, devozionale e d’identità salesiana”. E c’è anche una chicca che da sola potrebbe giustificare una visita a stretto giro: fino al 31 gennaio 2021 viene esposto il dipinto “Don Bosco a Valdocco” di D. P. Corbì, concesso in prestito dal Colegio Salesiano San Juan Bosco di Valencia.

Il nuovo museo ha indubbiamente un valore affettivo per chi conosce Don Bosco e i suoi figli, ma anche storico per accontentare le curiosità di chi venga a Torino e ne voglia conoscere la storia sociale e urbanistica.

Valdocco, composta di cascine sui prati subito fuori le mura della città sabauda, è diventata un quartiere nella nuova fisionomia assunta con la Rivoluzione industriale e con lo sviluppo del Secondo dopoguerra della prima capitale del Regno d’Italia. “Casa Don Bosco gode del patrocinio di Regione Piemonte e Città di Torino e racconta la storia di un uomo e di un luogo che hanno cambiato la storia di una città e la vita di migliaia di ragazzi, dando loro una casa, una famiglia, un futuro” precisa ancora la direttrice.

È il futuro che ancora oggi i salesiani vogliono costruire per le nuove generazioni in tutto il mondo. L’attività missionaria porta loro la formazione e la mentalità che possono aiutarli a trovare una sana occupazione e una buona cittadinanza: elementi decisivi per costruire la propria personalità. È questa che potrà dare spazio dove potrà cadere il buon seme del Vangelo. Non è un caso che questo nuovo spazio espositivo sia stato preceduto nel tempo, dal Museo Etnografico di Missioni Don Bosco: come spesso succede la proiezione missionaria diventa ispirazione per riscoprire le radici e renderle nuovamente fruttuose.

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