Un Venezuelano su dieci ha lasciato il proprio Paese

Accanto alla parrocchia e all’oratorio barrio Dolorita ci sono i due centri di formazione professionale che erogano corsi brevi, di qualche mese, per giovani che non hanno concluso gli studi e corsi regolari della durata di un anno per quelli che vogliono acquisire una qualifica professionale. Purtroppo però la situazione economica del Paese sta provocando una emorragia nella frequenza dei ragazzi dai nostri centri professionali, come del resto dalle scuole in generale.

Il superiore dei salesiani del Venezuela, don Francisco Mendez, ci ha fornito alcuni dati sulla frequenza dei giovani alle nostre strutture scolastiche e formative. A settembre hanno iniziato l’anno scolastico nelle scuole salesiane del Venezuela 11.700 allievi oggi sono rimasti in 8.000. Nei centri professionali hanno iniziato in 4.300 ed oggi non arrivano a 3.000. Una tale quantità di abbandoni durante l’anno scolastico non si erano mai visti in precedenza. La situazione del Paese è talmente precaria che ogni giorno ci sono famiglie intere che emigrano all’estero: le ultime stime parlano di circa 4 milioni di emigrati su una popolazione di circa 31 milioni di abitanti. È un vero e proprio esodo, come tanti altri che purtroppo avvengono in molte zone del mondo.

Quando non emigrano, spesso i genitori non mandano più i figli a scuola perché i mezzi di trasporto costano troppo. Questa è l’ultima disgrazia provocata dall‘inflazione impazzita, per cui ogni giorno i prezzi aumentano e la gente rinuncia progressivamente a tutto! Ci sono persino lavoratori che hanno abbandonato il lavoro dopo che la propria auto si è rotta. I pezzi di ricambio infatti sono carissimi, non alla portata di un normale budget familiare. I mezzi di trasporto privati (pulmini e microbus) hanno prezzi così alti che lo stipendio mensile non basta a pagare il mezzo di trasporto. Tanto vale non andare più a lavorare e iscriversi nella lista dei poveri mantenuti dal governo.

La vita per ogni venezuelano diventa ogni giorno più dura da affrontare. La gente si adatta finché può e come può, ma quando arriva la fame allora si è disposti a tutto: furti, omicidi, imbrogli, corruzione, emigrazione, contrabbando… Sembra non avere fine la caduta libera nella quale è precipitato il Venezuela, che fino a pochi anni fa era uno fra i più ricchi e sviluppati stati dell’America Latina.

I salesiani sono in prima linea nel cercare di portare sollievo ai più bisognosi, nel garantire l’apertura delle nostre case ai giovani che frequentato scuole, oratori, parrocchie, centri professionali. Distribuiscono centinaia di pasti ai poveri che quotidianamente affollano le mense a loro dedicate. Consolano e incoraggiano a tener duro, a sperare in un futuro migliore. Pregano perché questo incubo possa finire e riprendere la vita normale. Ma è dura, la fatica e lo scoraggiamento tentano di insinuarsi negli animi anche dei figli di Don Bosco. Loro stessi ci hanno confidato che più volte si sono trovati con la dispensa vuota. “Domani non abbiamo più nulla da mangiare” ha detto un giorno don Miguel Angel, l’economo della comunità di Barinas, al suo direttore, don Bernardo. La Provvidenza è venuta loro in aiuto e hanno trovato qualcosa da mangiare il giorno seguente e anche quelli successivi.

Che Dio veda e provveda a questo popolo così messo alla prova da una situazione drammatica che non è frutto di calamità naturali, ma della insipienza e stupidità di un centro di potere che a parole serve il popolo ma nei fatti lo ha portato alla fame e alla miseria.

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