Una giornata di viaggio sul Rio Vaupes per arrivare a Iauarete

Viaggio missionario in Amazzonia – 2° parte

Subito dopo il check point svoltiamo a sinistra e risaliamo un affluente del Rio Negro, il Rio Vaupes. Non pensiate che l’affluente sia meno imponente del Rio Negro, anzi. Il bacino del fiume è talmente ampio che, quando navighiamo in centro, le due sponde alberate sembrano quelle piccole siepi verdi di bosso ben squadrate che ricamano le aiuole dei giardini all’italiana. Ma quando ci avviciniamo ad una o all’alta sponda si vedono alberi maestosi, alti anche trenta metri. C’è una vegetazione fittissima, lussureggiante, dove ogni albero fa a gara con il vicino per alzarsi un po’ di più e rubare i raggi di sole agli altri. Le piante sono così vicine fra loro da formare una cortina impenetrabile. Non si riesce a vedere nulla oltre il fitto fogliame degli alberi che si affacciano sul fiume.
Poiché siamo ancora nella stagione delle piogge, il fiume è particolarmente gonfio di acqua. Stiamo navigando a circa cinque/sei metri sopra il livello ordinario della stagione secca. Questo permette al nostro pilota di sfrecciare veloce e sicuro di non trovare ostacoli affioranti.

Ad un certo punto del viaggio vivo una illusione ottica fantastica. L’acqua è scura e perfettamente liscia, nessuna increspatura. Il cielo si specchia sul bacino d’acqua in modo unico. Guardo in alto e vedo le nuvole. Abbasso lo sguardo e vedo… le nuvole! Stiamo volando con la barca in cielo, come Peter Pan! Manca solo Trilli, la fatina magica, e l’effetto da fiaba sarebbe completo. Anche la sponda verde d’alberi e fronde si specchia e forma una ghirlanda in mezzo al cielo. Stiamo andando alla periferia del mondo, ma sembra di essere nel paradiso terrestre, un paese da sogno.

L’illusione finisce quasi subito perché compare una leggera nebbiolina. Don Roberto ci indica di mettere velocemente il poncho. Non abbiamo terminato l’operazione che veniamo colti da una pioggia leggera e sottile che però… bagna, eccome! E l’effetto è raddoppiato dal movimento della barca. Il buon Adifino non rallenta di un millimetro la velocità di crociera: pioggia o non pioggia, si procede rapidi verso la meta.

Giusto per ricordarci che non siamo in un Paradiso in Terra, il diavolo ci mette lo zampino, e così lungo il fiume troviamo le rapide. Ce ne sono molte lungo i fiumi di questa regione. In una di esse ci ha lasciato la vita padre Antonio Scolaro, missionario trentino, esperto conoscitore della zona, ma che per una volta è stato colto impreparato dalla furia delle acque ed è morto proprio in questo fiume. Le rapide sono un ostacolo molto serio da superare. Accostiamo la barca a riva, scarichiamo tutto, aspettiamo il camion. Quando questo arriva, carichiamo la barca a forza di braccia e tutte le nostre cose, e veniamo trasportati a monte delle rapide. Un percorso di circa cinque chilometri su una strada costruita in mezzo alla foresta.

Terminato il breve viaggio su terra, saltiamo giù dal camion, scarichiamo tutto il materiale, mettiamo la barca in acqua, ricarichiamo i bagagli e ripartiamo. O meglio, volevamo ripartire veloci ma, dopo aver dato la spinta alla barca e fatto il salto per entraci senza bagnarmi, una ciabatta mi ha tradito e sono scivolato in acqua. A nemmeno un metro dalla riva il fiume è già profondo. Immerso fino alla testa, mi aggrappo alla barca, che accosta a riva e mi permette di salirci, bagnato come un pulcino! Pazienza, la temperatura è alta, la brezza aiuta ad asciugare, il sole scalda, e così prima di arrivare a destinazione mi asciugo.

Lungo la riva sinistra del fiume vediamo le piccole comunità indigene con i loro villaggi. In ognuno di questi spicca in mezzo al verde la cappella, con accanto il semplice edificio della scuola. Si tratta di comunità cristiane fondate dai salesiani. Don Bosco e Maria Ausiliatrice sono presenti e venerati ovunque da queste parti. Il segno distintivo dell’opera educatrice e insieme evangelizzatrice dei Figli di Don Bosco è proprio una chiesa con accanto una scuola. Senza educazione dei giovani, senza promozione umana, l’evangelizzazione rischia di diventare proselitismo. E senza una chiesa accanto all’opera educativa e scolastica, quest’ultima rischia di diventare un servizio sociale proprio delle istituzioni governative. Come ci ricorda il nostro caro papa Francesco, la chiesa non è una Ong, e non lo sono nemmeno i salesiani. Educazione ed evangelizzazione sono per noi come le due mani della mamma che si prende cura del suo bambino. C’è forse una madre che sarebbe disposta a ritenere superflua una delle due mani? Così per i salesiani, le due dimensioni vanno sempre insieme compenetrandosi e fondendosi insieme in quella che chiamiamo la “spiritualità del quotidiano”.

Alle diciassette, dopo undici ore di viaggio sul fiume, siamo finalmente arrivati a Iauaretê, con una bella ora di anticipo sulle migliori previsioni. Ci è proprio andata bene, quest’oggi.

Continua a leggere, A Iauarete, capoluogo di una regione in fase di spopolamento

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